Forse credevano che Livorno fosse ancora il «porto franco» di quattrocento anni fa. Purtroppo per loro, il «salvacondotto» mediceo è scaduto da un pezzo, così Bruno Lenzi e gli altri dirigenti di Porto 2000, invece che con le tolleranti guardie di Ferdinando I, si sono trovati alle prese con la Guardia di finanza. Spulciati i bilanci, è venuto a galla lo «shopping» dautore messo in conto alla società portuale. Spese che il rapporto dei finanzieri definisce degne di «una vera e propria casa darte»: quattordici opere di Mario Schifano (lAndy Warhol italiano), 139 dipinti dellartista toscano Mario Madiai, quindici sculture, una lampada da terra, una fioriera laccata e un tavolo Arman.
Acquisti finanziati con soldi pubblici. Spese singolari per una società che gestisce terminal passeggeri, crocieristica, stazione marittima e servizi ai traghetti. E non si limitavano alla collezione darte. Le «spese di rappresentanza» comprendevano anche i massaggi - 46mila euro in tre anni - e la Guardia di finanza avrebbe accertato, tra gli acquisti giustificati con lattività di management, anche vestiti per adulti e bambini comprati per migliaia di euro in una boutique del centro di Livorno dai familiari di Lenzi, che intanto respinge ogni accusa, spiegando che una società che si occupa di turismo ha lobbligo di presentarsi bene.
La procura di Livorno ha avviato unindagine per associazione a delinquere finalizzata al peculato e alle false fatturazioni.
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