da Roma
Accende gli animi, Bruno Tabacci, parlando della tragedia degli anni del maggioritario, «nel 94 a molti di noi non era neanche consentito parlare!...». Si appunta la medaglietta, Luca Volontè, celebrando la nascita di «un sistema politico nuovo: per noi è un successo, aria nuova, un inizio di discontinuità!...». Torna lera del proporzionale e lUdc rivendica meriti e primogeniture. Già, ma ora che ogni elettore può scegliere liberamente il leader che vuole, che fine fa la seconda richiesta della «discontinuità», ovvero le primarie? Gianfranco Fini mette il dito nella piaga: «Le primarie sono una modalità di scelta del candidato tipica dei sistemi elettorali maggioritari e con il proporzionale non cè dubbio che il discorso sulle primarie prende un aspetto del tutto diverso».
Non cè, dietro le parole di Fini, una logica aggressiva nei confronti degli alleati-competitor e il capo di An mette le mani avanti: «In tempi non sospetti ho detto che cè unoggettiva incongruenza tra proporzionale e primarie». Certo, però, che il problema esiste. «Sono state richieste dallUdc - aggiunge Fini - e credo che sia in primo luogo compito della direzione dellUdc di domani esprimersi a riguardo». Per il segretario Marco Follini una brutta gatta da pelare. Sul tavolo della riunione convocata allhotel Minerva a partire dalle 9.30, il fascicolo «primarie» sta giusto sopra al fascicolo «dimissioni». Esagerazioni? Mica tanto, visto che cè chi nel partito ricorda come la richiesta sia arrivata in maniera esplicita e clamorosa proprio durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi. Berlusconi che raccoglie le carte per andare via e Follini che richiama lattenzione degli astanti: «Un momento, cè poi un altro problema, quello che riguarda la leadership...».
Oggi quelle parole franche rischiano di porre in serio imbarazzo un segretario abituato a ragionare con rigore e serietà. Certo, prima del tornado proporzionale tutto lo scacchiere era diverso, e quello delle primarie poteva sembrare lunico modo per dare la sveglia alla coalizione. Ma ora, con approvazione della riforma quasi in tasca, che senso avrebbe chiamare gli elettori a pronunciarsi su una scelta che sarà fatta in ogni caso, sul serio, nel segreto dellurna? Ieri il premier ha insistito molto nel definire «farsa» le primarie dellUnione. Eppure, in quel caso, la legittimazione di un candidato senza partito conserva ancora un senso. Quelle nella Casa, invece, che senso avrebbero? Tutto sta ora a capire come Follini interpreterà la situazione nuova. Con un dietrofront che ragionevolmente ammette la sconfitta personale, oppure con la conferma che la leadership di coalizione non è scontata? Nella seconda ipotesi, se il segretario non ha cambiato parere, leventualità di dimissioni non sembrerebbe per nulla remota.
Nel partito sono in molti a non voler prendere in considerazione lipotesi. Scaramanzia o calcolo? Veleni e vecchi merletti o auguri sinceri? Mario Baccini è tra i pochi che ne parla: «No, spero che non ci siano le dimissioni, ma piuttosto un rilancio delliniziativa politica dellUdc. Tra di noi cè un dibattito sereno su come affrontare il futuro della coalizione e del partito, un dibattito che vogliamo fare con Follini». La questione si allarga così a «una maggiore democrazia allinterno dei partiti» e Follini, assicura Baccini, «è su questa linea». Bevuto allora il bicchiere mezzo pieno, quello del proporzionale sia pure senza preferenze, il segretario potrebbe gettar via il vuoto a perdere delle primarie. E rilanciare i temi che paiono stare a cuore alla maggioranza di via Due Macelli. «La direzione nazionale investirà di nuove responsabilità la nostra classe dirigente - dice Maurizio Ronconi -. Lobbiettivo è quello di costruire prima delle elezioni il partito dei moderati sul modello del Ppe.
Ora Follini è stretto nella morsa tra le dimissioni e il dietrofront
Con la riforma elettorale alle porte, il segretario centrista dovrà ammettere la sconfitta personale o insistere per il voto sulla leadership sfidando il suo partito
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