Politica

Ora i No Tav alzano il tiro: «Bloccheremo le Olimpiadi»

Tam tam tra i manifestanti: boicottare Torino 2006 per amplificare l’effetto della protesta contro l’opera

Luciano Gulli

nostro inviato in Val di Susa

Milletrecento Tir bloccati in val d’Aosta sulla A5, in direzione del Bianco. Dodici chilometri di coda a Courmayer. Una specie di gigantesca tonnara fra le nevi. E tutto per colpa dei No Tav e del grande tappo che fino a ieri pomeriggio sigillava il Moncenisio. No, davvero: come andrà a finire? «Andrà a finire che blocchiamo le Olimpiadi», risponde di getto Giorgio Falca, 61 anni, metalmeccanico in pensione di fazione davanti a una delle tante barricate che punteggiano la valle e, per sua stessa ammissione, «volontario della protesta, nel senso che do una mano a organizzare manifestazioni», forse anche solo per nostalgia di certe vecchie stagioni vissute fra gli animatori dei picchetti che presidiavano i cancelli della Fiat Teksid di Avigliano: bulloni, cerniere, e tiranterie metalliche.
Per ora è soltanto un abbozzo, un’idea allo stato liquido che aspetta di quagliare. Ma la parola d’ordine – bloccare le Olimpiadi, come far scoppiare bombe sul metrò di Londra durante un G8, in modo da calamitare l’attenzione del mondo sul «mondo No Tav», ma senza morti e feriti, si spera - comincia a circolare, acquista vigore e concretezza; e nei salotti e nelle cucine dei duri e puri della protesta, in queste sere diacce di discorsi e parole d’ordine infuocate, tra una salsiccia alla brace e un bicchiere di vin brulé, boia fauss, acquista una truce verosimiglianza. Si squadernano mappe di Torino e del Sestrière, di Sauze d’Oulx, di Pragelato, Pinerolo e Claviere, e ci si informa (ma sotterraneamente, da carbonari, chiedendo umma umma agli amici che fanno i cuochi e i camerieri negli alberghi delle stazioni sciistiche dove alloggeranno le squadre degli atleti) per sapere dove andranno a stare gli americani, in modo da guadagnarsi magari uno spicchio, una finestra, uno strapuntino sul notiziario della Cnn organizzando un bel casino worldwide, che faccia insomma il giro del mondo.
Bloccare le Olimpiadi, mettersi di traverso a un evento, anzi all’Evento che dovrebbe proiettare l’immagine di Torino e del Piemonte sugli altri continenti, e convogliare quassù un discreto numero di palanche non è solo una fantasia che si sta schiudendo come un bel lapazio nella mente degli autonomi, degli anarchici e dei banlieusards dei centri sociali. Essa sobbolle anche nelle teste degli studenti che oggi parteciperanno in massa alla grande manifestazione in programma a Venaus, in quelle degli operai delle fabbriche, delle casalinghe, dei pensionati e dei commercianti conquistati dagli irredentisti della No Tav. E tutto questo, naturalmente, comincia a preoccupare seriamente, come leggerete qui accanto, gli abitanti della valle alta, che vivono di turismo invernale, e che ieri hanno per la prima volta alzato la voce nei confronti dei cugini della valle bassa spiegandogli che un bel gioco, per essere tale, deve durare poco.
Su nell’alta valle la circolazione è rimasta bloccata ieri fino a metà pomeriggio. Poi, sbollita la rabbia per l’intervento della polizia dell’altra notte, un barlume di ragionevolezza è tornato ad affacciarsi tra i manifestanti. Intorno alle 5 del pomeriggio sono spariti i blocchi che impedivano il transito sulla A 32 Torino-Bardonecchia, e poco dopo sono state rimosse anche le barricate erette sulle statali 24 e 25 che corrono parallele nella valle. Un po’ troppo tardi, tuttavia, per impedire il mostruoso ingorgo di Tir e automobili creatosi a Courmayeur.
A parole, come sempre, nessuno dei manifestanti si dice contrario per principio all’Alta velocità. Solo, dicono, si faccia altrove. «Non in questi 40 chilometri, non in una valle stretta come questa, dove ci sono già un’autostrada, due statali, una ferrovia e un elettrodotto», protesta, ma con garbo, Giovanni Arena, consigliere comunale di Villar Dora, di piantone fin dal mattino davanti alla barricata di Almese, la prima che si incontra venendo da Torino. «Potenzino piuttosto la ferrovia attuale, che è sottoutilizzata», insiste Arena. Pietro La Camera, di Legambiente (sezione di Rivoli) fa questo ragionamento: «Attualmente, su questi 40 chilometri, i treni viaggiano a una velocità di 60-70 chilometri orari. Potenziando il tracciato, limando certe pendenze, correggendo qui e là, i nostri esperti dicono che la velocità può arrivare a 90. Spesa prevista, 5mila miliardi di vecchie lire contro i 20mila della Tav. Col progetto Tav la velocità sale a 130, perché stabilisce la legge che i treni merci, in galleria, non possono superare i 130. Benissimo. Allora noi diciamo: qual è il guadagno in termini di tempo? Vogliamo dire 10 minuti? E per 10 minuti val la pena sconquassare una valle e sobbarcarsi una spesa del genere»?
Va bene, dico. Ma per tornare al punto: come finirà? «Finirà che bloccheremo le Olimpiadi», rispondono ora a più voci alla barricata di Almese.

Un’idea, al momento.

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