Ora il made in Italy è legge «Ma non abbassiamo la guardia»

La Camera l’ha approvata all’unanimità. Un giorno storico; perché l’Italia si è dotata finalmente di una legge che consente solo a chi produce davvero nel nostro Paese di usare il marchio made in Italy. Un duro colpo per i grandi marchi che fabbricano il 95% dei prodotti in Cina o Vietnam e poi lo spacciano come italiano. Un giusto riconoscimento per i piccoli e medi industriali che, a dispetto delle teorie sulla globalizzazione, non hanno mai delocalizzato.
La legge, promossa dal leghista Reguzzoni, riguarda tre settori - tessile, calzaturificio e pelletteria - e sancisce un criterio di buon senso ovvero stabilisce che almeno il 50% della lavorazione sia svolta sul territorio italiano. Ed è significativo che sia stata approvata da tutti i partiti. Per una volta destra e sinistra hanno considerato innanzitutto l’interesse del Paese, resistendo alle pressioni esterne; soprattutto delle lobby dei grandi gruppi.
Reguzzoni ha saputo recepire l’Sos lanciato da un imprenditore di Busto Arsizio, Roberto Belloli, che nel luglio scorso ha fondato un movimento spontaneo e apolitico - i Contadini del tessile - per dare voce agli imprenditori sfregiati dalla crisi.
E ora sono proprio i piccoli a esultare. «È un voto molto importante, che rappresenta non la fine di un percorso, ma l’inizio di una nuova era; perché ora dovremo batterci per estendere il provvedimento ad altri settori», dichiara al Giornale Cesare Fumagalli, segretario generale di Confartigianato, secondo cui «è importante che sia stato un grande Paese come l’Italia a cambiare la tendenza in Europa».
Già, finora l’Unione europea non proteggeva i propri produttori. L’ultimo ostacolo prima dell’entrata in vigore della legge, prevista fra sei mesi, è rappresentato proprio dalla compatibilità con le normative Ue, ma qualcosa sta cambiando. Un provvedimento sulla tutela del made in Europe è al vaglio dell’Europarlamento secondo modalità simili a quelle italiane. «Ed anche in Francia e Germania il vento sta cambiando», assicura Fumagalli.
Certo non tutti sono contenti. Alcuni imprenditori, come il biellese Luciano Barbera, ritengono che tutta la produzione debba essere italiana; dunque rivendicano un provvedimento ancora più restrittivo. «Ma talvolta l’ottimo è nemico del bene», chiosa il segretario di Confartigianato, per il quale il provvedimento rappresenta comunque una rivoluzione e un auspicio per il futuro dell’Italia. «Abbiamo dimostrato che la manifattura merita di essere tutelata, contrariamente a quanto predicavano certi economisti fino a un paio di anni fa».
Secondo Fumagalli, «aumenta la consapevolezza anche del consumatore, che cerca la qualità, il prodotto ben fatto» e, perlomeno in certi segmenti di mercato, «non è più influenzato solo dal richiamo del marchio. Ed è pertanto assordante il silenzio delle Associazioni dei consumatori sulla legge».
Ma questo non è il momento delle polemiche. Gioiscono la Lega, il Pdl, il governo, mentre il Pd e l’Italia dei Valori, non hanno nulla da recriminare.

Al contrario, si uniscono al brindisi, esaltando un Paese per una volta unito e più giusto, perché tutela le qualità più autentiche della nostra industria. Fumagalli annuncia che «è finita la stagione dell’imbroglio». Sbrigativo, ma efficace.
http://blog.ilgiornale.it/foa

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica