NapoliCome volevasi dimostrare: Milan secondo in classifica appena Kakà ha messo il turbo al suo motore. Non è un caso che il sorpasso sulla Juve, atteso per la sfida di domenica 10 maggio, sia giunto in largo anticipo. E sia maturato al culmine della sfida di ieri pomeriggio col Palermo rimasto in partita per meno di venti minuti, il tempo di inchinarsi al primo discusso rigore fischiato da Rizzoli e alla immancabile capocciata di Inzaghi. Specie poi se allo smalto del brasiliano più famoso e più richiesto d'Europa è possibile aggiungere le imboscate vincenti di Ambrosini e più in generale uno stato fisico straordinario con rendimento medio-alto di gran parte dei titolari, da Favalli a Flamini, passando per l'ingegner Beckham e l'architetto Pirlo. Ma è Kakà il magnifico eversore del Palermo, rimasto alla fine in silenzio, su ordine di Zamparini, il presidente, per distrarre l'attenzione dalla resa senza condizione della squadra a San Siro e mettere nel mirino l'operato dell'arbitro Rizzoli. Mai visto Kakà, nella stagione, giocare così bene e così a lungo nel corso di una partita. I due mesi di assenza, determinati dal dolore al piede (sette assenze con cinque sconfitte), hanno non solo rallentato la corsa del Milan nel periodo decisivo ma sottratto energie vitali e risorse tecniche alla squadra che adesso sta volando. Forse si tratta di un calcolo sofisticato di Milan Lab, immaginato per lo sprint in coppa Uefa, e invece sta diventando il segreto per disperdere la rincorsa del Genoa, per lasciare la Juve alle spalle dopo averne ammirato la sagome per tanti mesi e per rilanciare il dibattito televisivo sulla rimonta nei confronti dell'Inter lasciato finora a qualche tabella di incalliti sognatori.
Con (quasi) tutti gli eroi ai loro posti di combattimento, il Milan è tornato a fare calcio divertente e spettacolare: ha preso il posto occupato dal Genoa e oscurato per qualche settimana le imprese della Lazio giunta alla finalissima di coppa Italia in compagnia della Sampdoria. Sta giocando bene dopo aver toccato il fondo a Verona, col Chievo. Eppure mancano all'appello tanti nomi che contano: per esempio Nesta, Borriello, Abbiati, Kaladze e Gattuso, già tornato a correre con la squadra e perciò accreditato di un ritorno utile contro la Juve. Se col Toro, i cronisti segnalarono la fragilità della squadra di Camolese, qui col Palermo non si può battere sullo stesso tasto: forse bisogna ricordare che nella ripresa, allo 0 a 2, si è aggiunta l'espulsione di Bovo (fallo su Kakà), il ko definitivo per i siciliani provati in qualche modo dalla vicenda del loro sodale Carrozzieri, sospeso per doping (cocaina). È l'attacco, elegante e ritmato, la grande forza esplosiva del Milan, avvitato non solo sulla posizione di Kakà seconda punta ma completato dall'abilità balistica di Pippo (150 centri in serie A) e reso più solido dalla presenza di Seedorf in luogo di Ronaldinho a centrocampo per tenere sotto pressione Liverani. Le cifre, in proposito, hanno un linguaggio chiarissimo: 19 gol marcati nelle ultime 7 sfide, 19 come i punti incassati a una media che ha consentito il sorpasso sulla Juventus. È tornata la macchina del gol, nonostante l'assenza di Pato (fuori dal tabellino nei precedenti 5 incontri) e la presenza discutibile di Ronaldinho, che è un caso aperto non certo per le continue esclusioni ma per i suoi servigi resi alla patria rossonera. Entrare sul 3 a 0 non è certo agevole, specie se poi si decide di non infierire sul rivale ma farlo con la corsetta lenta messa in mostra dal Gaucho è qualcosa più di un segnale. Ancelotti ha fegato a lasciarlo fuori ma si difende a modo suo, con la prova del campo.
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