Ora il pensionato Prodi gioca a fare l’ayatollah e strizza l’occhio all’Iran

L’ex premier vola a Teheran E non batte ciglio quando il presidente Ahmadinejad attacca gli ebrei e Israele

Ora il pensionato Prodi gioca a fare l’ayatollah e strizza l’occhio all’Iran

L’Impero Romano in Persia non c’era arrivato. L’ex presidente Romano, invece, ha fatto di Teheran un buen retiro. E pazienza se nei duemila anni che intercorrono tra Augusto e Prodi l’Iran è diventato il nemico numero uno dell’Occidente. Prodi non se n’è accorto. Non c’era. E se c’era, dormiva.
Il filo tra l’ex premier e la Repubblica Islamica non si è mai spezzato. Nel ’98 fu il primo capo di governo europeo a visitare l’Iran dopo la rivoluzione del 1979; dieci anni dopo, da capo della task force per l’Africa delle Nazioni Unite, è invece solo una delle tante «vecchie glorie» della politica internazionale incapaci di opporre un saldo rifiuto ai deliri antisemiti del presidente Mahmud Ahmadinejad.
Già, perché sono in tanti ad aver provato disagio di fronte al sorriso da gioioso Balanzone che l’ex leader dell’Ulivo ha sfoggiato mentre stringeva calorosamente la mano di Ahmadinejad. Un gesto che replica il criticatissimo incontro bilaterale che i due ebbero due anni fa al Palazzo di Vetro. Un gesto che ieri sia Il Foglio sia Il Riformista hanno aspramente criticato. Perché Prodi - anche se si precipita a precisare che non ricopre più «alcun ruolo nella politica europea e italiana» - non è un semplice pensionato bolognese appassionato di viaggi: a Teheran è stato invitato al meeting sulle «Religioni nel mondo moderno» dall’ex presidente moderato Khatami in quanto suo antico interlocutore. Quindi, non può nascondere il senso di responsabilità nazionale sotto l’angolo del primo tappeto persiano. E deve essere consapevole che ogni suo avvicinamento ad Ahmadinejad reca con sé l’immagine di una parte di Italia che apre al fondamentalismo. Contrapposta a quell’Italia che con Frattini e Berlusconi ha rifiutato di incontrare l’ultraconservatore iraniano al vertice Fao.
Eppure Prodi ci ha provato, a piantare dei paletti: «L’Iran operi per la distensione e diventi una società aperta». Di fronte a tanta severità, Ahmadinejad ha preso paura. Così tanta che non fermerà il piano di arricchimento dell’uranio a scopi nucleari ed è tornato ad accusare Israele: «Non ci sarà pace finché il regime sionista occuperà la Palestina. E in Medio Oriente le truppe straniere devono andarsene».

Italiani compresi. E Prodi come ha reagito? Con un bello spot, ricordando che Teheran ha bisogno di investimenti stranieri. Perché alzare la voce in casa d’altri non si fa. Ma in casa d’altri, se sono sgraditi, nemmeno ci si va.

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