Roma

«Ora posso tornare dai miei pazienti»

Daniele Petraroli

Caso Cognetti, è tutto da rifare. L’oncologo del Regina Elena ha vinto il ricorso al Consiglio di Stato e potrebbe tornare a guidare la direzione scientifica dell’istituto dopo essere stato allontanato dal ministro della Salute Livia Turco. Tiene ancora banco, dunque, il «caso» sanitario dell’estate che ha diviso al suo interno anche la sinistra. La pronuncia dei giudici della V sezione di palazzo Spada contro il provvedimento di revoca della nomina firmato dal ministro Turco, però, non sarà immediatamente operativo. Seppure la sentenza, sospendendo gli effetti di tale decisione, ha annullato anche la nomina del successore di Cognetti (e cioè l’epidermiologa Paola Muti), ora bisognerà ripartire dal Tar del Lazio. La decisione del Consiglio di Stato infatti esaurisce la fase cautelare in attesa di un nuovo giudizio di merito che dovrà essere nuovamente dinnanzi al tribunale amministrativo.
Ma riepiloghiamo le tappe principali di una questione diventata, via via che crescevano le proteste per la rimozione di un oncologo di fama mondiale, sempre meno tecnica e sempre più politica. Considerato vicino al centrodestra, per Francesco Cognetti l’aria all’interno del Regina Elena è diventata irrespirabile con l’arrivo al governo di Romano Prodi ad aprile nonostante fosse stato confermato proprio pochi giorni prima per altri cinque anni. Due mesi tra il detto e non detto fino alla decisione del neoministro della Salute Livia Turco. Via Cognetti a fine giugno, dentro la Muti il 4 agosto. Questo nonostante le proteste di molti primari dell’ospedale giunti fino a firmare una lettera proprio al ministro per chiederne la conferma. Ventisette firme su trentaquattro dei direttori di struttura per ribadire la propria stima nei confronti del direttore scientifico e per sottolineare i suoi meriti. Tutto inutile. L’epidermiologa Muti, un numero di titoli scintifici nettamente inferiore a quelli di Cognetti, ne prende il posto tra le proteste della stessa sinistra. Anche il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari critica una decisione che sa di spoil system.
«Mi rimetterò al lavoro a favore dei miei pazienti e dell’istituzione - è stato il commento a caldo dell’oncologo -. Mi auguro di poter incontrare il ministro per collaborare su rinnovate basi di fiducia». Da parte della Turco solo cautela per il momento: «Rispetto, come sempre, le decisioni della magistratura. Anche per questo non ritengo di poter commentare questa decisione prima di conoscerne le motivazioni». All’attacco, invece, il centrodestra. «Il caso Cognetti si è chiuso - l’affondo del senatore di An Francesco Storace - ma ora si apre il caso Turco. Dopo la figuraccia di fronte al paese e al Consiglio di Stato il ministro della Salute si deve dimettere». Il vicepresidente della commissione Sanità del Senato Cesare Cursi (An) chiede, invece, che l’oncologo sia reintegrato immediatamente al suo posto: «Ritengo quella del Consiglio di Stato una decisione importante che ha riconosciuto la professionalità e la qualità del lavoro svolto dal professor Cognetti. Proprio perché il ministro è da sempre rispettoso delle decisioni della magistratura dovrebbe adesso trarne le conseguenze e rimetterlo immediatamente alla guida della direzione scientifica del Regina Elena».

«Spero che alla luce di questa sentenza la situazione venga rivalutata anche dal Governo - ha commentato invece il professor Pier Paolo Pandolfi, oncologo al Memorial Sloan Kettering di New York e coordinatore del comitato scientifico internazionale esterno del Regina Elena - e le parti in causa si siedano intorno ad un tavolo al fine di trovare una soluzione che dia forza e non affossi ciò che era stato avviato dal professor Cognetti per il bene dell’Istituto Tumori di Roma e della città di Roma».

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