Ora si ribella il Veneto: «Non paghiamo le tasse»

Che il lamento dei napoletani, e del Sud in genere, si potesse coniugare, per una volta, con le minacce che arrivano dal Nord, questa è una combinazione che ancora non era uscita, sulla ruota del governo Berlusconi. Minacce, sì. Minacce di non pagare le tasse, addirittura. E poiché l’avvertimento arriva dal vicepresidente degli industriali vicentini, Luciano Vescovi, sarà bene non prenderlo sottogamba. Dice Vescovi, nel caso (...)
(...) non si fosse capito, che il Veneto, dopo l’alluvione e gli sconquassi patiti, è nei guai. Serve un sostegno serio. E serve subito. Altrimenti? «Altrimenti non pagheremo le tasse», dice sereno Vescovi ai microfoni di Radio 24. Ce l’ha col governo, il vicepresidente degli industriali vicentini. Ma non è tenero neppure con Luca Zaia, presidente della Regione. «Zaia ancora non l’abbiamo neanche visto, qui a Vicenza. Il manifatturiero è in ginocchio, dobbiamo ricomprare le macchine e la produzione è ferma. Se lo Stato non ci aiuta, con un sostegno serio, verrà colpita una parte sana dell’economia italiana. Il manifatturiero vicentino esporta più della Grecia e tiene su una buona parte dell’economia italiana – puntualizza Vescovi -. Il sostegno per noi è un sostegno per l’economia del Paese. Se venendo qui lo Stato vedrà le strade ripulite dal fango, e dirà: bravi vi siete arrangiati, ebbene noi ci arrangeremo con le tasse. Perché questa volta siamo veramente stufi e questa considerazione che faccio è apolitica e non leghista».
A dargli man forte arriva il segretario nazionale della Cisl, Raffaele Bonanni, che approva in tutto e per tutto: «I lavoratori e gli imprenditori vicentini sono la realtà più pulsante di questo Paese - ricorda Bonanni -. Lo Stato deve aiutarli predisponendo, il prima possibile, una vera e propria tassa di scopo sulle transazioni finanziarie o sui grandi patrimoni». I denari stanziati finora son quelli: 20 milioni di euro. La classica paglia nel pagliaio. «Un aiuto che corrisponde al compenso di un paio di giocatori di calcio», dicono alla Coldiretti di Vicenza, sottolineando che nel Comune di Vicenza «oltre 9000 persone, 4000 famiglie e 2000 tra case e capannoni sono stati colpiti tra Vicenza e Caldogno dall’alluvione».
A sedare gli animi ci prova Guido Bertolaso, alle prese con una delle ultime patate bollenti capitategli in sorte durante il suo lungo (ma ormai prossimo alla scadenza) mandato di capo della Protezione civile: «Mi sembra che non ci siano le condizioni per parlare di uno Stato assente: innanzitutto perché lo Stato è rappresentato dai Comuni, dalla Province, dalla Regione e dal governo nazionale. Si tratta di fare un lavoro condiviso, razionale, di evitare lo scaricabarile». I danni, dunque. Danni enormi. Danni per centinaia di milioni, butta là Bertolaso, sperando che questa sua sia una valutazione in eccesso. Ma quello di fare i conti è un compito che spetterà a Zaia, al presidente. Sarà lui, nella sua veste di Commissario, a quantificare il disastro provocato dall’acqua e dal fango (dall’acqua dei giorni scorsi e da quella che continua inesorabile a cadere in queste ore) e a risarcire i danneggiati. È che ci vorranno «almeno due settimane - spiega duro Bertolaso - per capire la dimensione del disastro. Poi si dirà: servono 100, 500 o mille milioni di euro. A quel punto chi di dovere, chi ha il portafoglio del Paese e il Parlamento dovranno garantire le disponibilità necessarie». Bertolaso sottolinea che «i sindaci hanno bisogno delle idrovore e degli autospurgo, per pulire i campi e le strade, i cittadini hanno bisogno di mezzi per liberare le case dal fango, bisogna riaprire le scuole e ripristinare un minimo di attività ordinaria.

Per pagare i danni relativi al comparto industriale, dei servizi, del sociale, dell’agricoltura e di quanti sono stati colpiti nelle abitazioni private occorrono finanziamenti da quantificare nelle prossime settimane». «Vorrei fare appello a tutti – conclude il capo della Protezione civile - in questi anni non abbiamo mai politicizzato l’emergenza: evitiamo di farlo in questo caso».

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