Cultura e Spettacoli

«Ora tiro fuori la parte più arrogante di me»

da Roma

Il successo, si sa, dà alla testa. La regola non ammette eccezioni e vale anche per i supereroi. Così in Spider-Man 3, l’Uomo Ragno, diventato ormai popolarissimo nella sua New York, conquista quotidianamente le prime pagine dei giornali insieme all'ammirazione più generale. Tanto che l’anonimo fotoreporter Peter Parker in cerca del posto fisso (interpretato sempre dal ceruleo Tobey Maguire), quando non indossa la celebre tuta, si mette a gongolare di fronte alle immagini sulle sue prodezze replicate negli schermi della città. La relazione amorosa con Mary Jane Watson (la celebre biondina Kirsten Dunst) va alla grande e si parla anche di fidanzamento ufficiale con tanto di «brillocco». Il clima oltremodo idilliaco viene però spezzato dall’arrivo, via meteorite, d’una strana sostanza nera che s’appiccica addosso al nostro Peter Parker con la tuta cangiante, dal classico rosso a un inquietante nero corvino. E siccome il vestito fa il monaco, ecco che l’Uomo Ragno somatizza e tira fuori il suo lato oscuro. Spiega il regista Sam Raimi giunto a Roma con tutto il cast: «Peter non è abituato a essere guardato con ammirazione. La cosa ha un effetto inatteso: assume un atteggiamento altezzoso che sembra non essergli proprio. Inizia così a rivelarsi il lato più nascosto della sua personalità con cui dovrà combattere». Che è poi quello vendicativo nei confronti dell’assassino dello zio, individuato definitivamente nel malavitoso Flint Marko (interpretato da Thomas Haden Church) che in una memorabile sequenza, in seguito a un incidente, si trasforma nell’Uomo Sabbia. Ma anche se sono molti i temi di Spider-Man 3, racconta il regista, «il primo e il più importante è che il perdono deve prevalere sul senso della vendetta. Così Peter Parker si accorge di non essere immune dal peccato e comincia a guardare i cattivi con uno sguardo diverso, più compassionevole». Per Tobey Maguire si tratta di uno «Spider-Man molto più umano perché mostra il suo lato egoistico e arrogante. Mi ha molto divertito far vedere queste caratteristiche acuite dalle sensazioni che provavo nell’indossare il costume così nero».
In uscita in anteprima mondiale in Italia, complice il ponte festivo, il primo maggio (nel resto del mondo il 4), Spider-Man arriva nelle sale nella cifra record di 900 copie. D’altro canto tutta l’operazione è titanica, si parla di un budget di quasi 300 milioni di dollari, che si riflette anche nella durata del film, quasi due ore e mezzo. Fatto sta che la grande epopea di Spider-Man, uscito dalla matita di Steve Ditko e dalla mente di Stan Lee, è stata baciata dalla fortuna al botteghino che ha premiato i primi due episodi con un incasso in tutto il mondo di 1,6 miliardi di dollari. E si parla già di un quarto episodio anche se Sam Raimi mette le mani avanti: «Non so se me la sento di portare avanti la saga, perché ci vuole la consapevolezza di avere ancora grandi idee da scrivere». Mentre i due protagonisti, Tobey Maguire e Kirsten Dunst, firmerebbero già oggi il contratto se, dicono, «il gruppo fosse lo stesso». Il timore di rimanere ingabbiati nei rispettivi ruoli non li tocca perché, confida Tobey Maguire, «ogni volta il viaggio del personaggio cambia e io ho la possibilità di interpretarlo in maniera diversa». Per Kirsten Durst invece non c’è alcuna differenza a interpretare un film come questo o come il recente Marie-Antoinette di Sofia Coppola, visto che dice di sentirsi a suo agio in produzioni grandi e piccole.

«L’unica cosa che cambia - ammette - sono i tempi più lunghi per i grossi film ma nel caso di Spider-Man mi ha aiutato l’amicizia nata con Tobey Maguire che è cresciuta negli anni e che si riflette positivamente anche nel film».

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