«E che altro dovevo fare, menargli?». La strambata di Tonino non è facile da spiegare in quattro parole. E lui infatti non ci prova. Serve tempo e la pazienza di guardare oltre lorizzonte. Il popolo dei suoi anti Cav bestemmia in aramaico: non si chiacchiera faccia a faccia con il demonio. Di Pietro naviga piano, ma sa che qualcosa nellaria sta cambiando. Non è più tempo di antiberlusconismo a testa bassa. Lo scenario politico sta diventando più complicato. Non tutto è solo pro e contro. Cè il grigio, cè il chiaroscuro. Ci sono le grandi manovre per avvicinarsi al 2013 e chi resta fermo rischia di trovarsi fuori scia. Questo Tonino lo pensa da tempo, solo che adesso comincia lentamente a far girare la barca.
Di Pietro ha fatto fortuna con posizioni estreme e dure. Era il controcanto al Pd di Veltroni, che aveva scelto allinizio una linea moderata, con la speranza di portare lItalia a un bipolarismo senza eccessi. Il progetto di Walter è naufragato, anche per il «matrimonio» con Tonino. Il problema ora è diverso. Lex pm è stato scavalcato in giacobinismo e populismo da troppa gente: Vendola, Santoro, Grillo, lo stesso De Magistris. Non ha senso gridare quando urlano tutti. Non ti sentono. Sei solo una carta nel mazzo. Bisogna trovare spazio altrove.
È così che con calma Di Pietro sta facendo scivolare lIdv verso il centro. È qui che va a sfiorare tre personaggi che non ha mai avuto in grandissima considerazione. Un Rutelli quasi desaparecido, un Fini incarognito e avvelenato e soprattutto quel semaforo immobile al centro del centro che si chiama Pier Ferdinando Casini. Tutti e tre più o meno con un bagaglio improvvisato di antiberlusconismo. Tanto che quando Fini consumò lo strappo e cominciò ad arringare i quattro transfughi che si era portato dietro, Tonino lo guardava più o meno come un marziano: ma questo si è svegliato e ripete in doppio petto blu le stesse cose mie. A Montenero di Bisaccia gli hanno insegnato che se due bar sono troppo vicini uno dei cominciare a vendere cornetti e cappuccini diversi, o migliori. Quello mi copia? E io differenzio. Allargo lofferta, minvento qualcosa di nuovo, attento anche a non fare le stesse pagine della pasticceria democristiana allangolo. È per questo che Tonino si è messo a guardare al futuro possibile.
Il risultato è che si può anche chiacchierare con Berlusconi. Il giorno in cui il premier deciderà di passare la mano sarà, per la politica italiana, una mezza rivoluzione copernicana. Lasse destra-sinistra, che appartiene al Novecento, non sarà più così scontato. Si aprono spazi da una parte e si chiudono dallaltra. Di Pietro non è tanto sicuro di dover sempre aspettare i comodi del Pd. Lo ha detto anche in Parlamento. Non esiste una sola opposizione. Ce ne sono una, due, tre, mille. Bersani se vuole fare il leader, se vuole comandare, cominci a fare passi per convergere verso le altre opposizioni. Scenda a patti con lIdv. Altrimenti ognuno per la sua strada.
Tonino si innervosisce soprattutto quando da sinistra aprono portoni al doppio forno di Casini. Il leader dellUdc vuole fare quello che pesa per ultimo, il fattore marginale che sposta gli equilibri e massimizza i guadagni. È un ruolo che Di Pietro non può lasciargli fare indisturbato. Altrimenti il suo peso specifico finisce per valere poco meno di zero. È qui lo scontro sotterraneo che attraversa la politica italiana. Di Pietro e Casini (Fini e Rutelli sono già dati per perdenti) non posso stare nello stesso schieramento. Sono le due carte spaiate, quelle che per ragioni di mercato politico e elettorale devono guardarsi in faccia, senza mai stare luna a fianco dellaltra. Magari tutte e due al centro, ma pronte a incrociarsi e a muoversi allo specchio. Non è detto che nel dopo Berlusconi, quindi, Di Pietro possa portare i suoi elettori dallaltra parte, cercando un dialogo con il Pdl orfano del leader e stringendo un patto territoriale con la Lega. Certo, a guardarlo adesso, da qui, questo scenario sa di fantascienza.
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