Cultura e Spettacoli

Ora il tormentone diventa «fai-da-te» Fine di un’epoca: ormai con il web e l’iPod ciascuno ascolta il brano che vuole. Da solo

Ma ve lo ricordate il tormento del tormentone? Lo pativi ovunque. Sulla spiaggia, e ci mancherebbe. Alla radio era d’obbligo, poi il Festivalbar qui e là, una volta il juke box, e ancora sigle e ospitate tv, insomma era dappertutto. E alla fine ti piaceva anche se all’inizio lo avevi odiato già alla prima nota. E dopo, volente o nolente, ti avrebbe accompagnato per sempre, come una foto o un bacio o la vacanza dopo la maturità. Era un rito collettivo, una condivisione, impossibile ascoltarselo da soli perché era fatto apposta per unire. Adesso bye bye. Adesso c’è il tormentone fai da te, e solo casualmente è lo stesso per tanti. Il tormentone.2, la nuova fase del ritornello che dai tempi di Pinne fucile ed occhiali inizia ad appiccicarsi quando arriva l’afa, è sempre più un rito solitario, al massimo condiviso su Facebook o Whatsapp. I sociologi parlerebbero di solipsismo del pop perché in fondo il web è il trionfo della vicinanza solitaria, della condivisione senza contatti, e la musica ora passa da lì, dalle bande larghe. Per farla breve, il tormentone è no global, non è più globalizzato. È local, tutt’al più glocal. Ciascuno se lo sceglie con un bel clic, se lo gode e tanti saluti. Con gli altri al limite lo commenta, però dopo essersi levato le cuffiette. E dire che anche quest’anno ce ne sono a palate, e le radio fanno come sempre il loro dovere di trampolino di lancio. Ad esempio martellano la Danza Kuduro che, attraverso Don Omar e Lucenzo, restaura un ballo angolano per farlo diventare come la Lambada brasileira nel 1989 e magari pure come il Waka waka dell’anno scorso, un ballo tribale pure quello. O Get some della bellissima Likke Li, che sta partendo a scoppio ritardato. E Shimbalaié della sorprendente Maria Gadù, che ha tifosi come Pato e Barbara Berlusconi. Oppure Mr Saxobeat di Alexandra Stan, pompatissima in radio, e ancora The lazy song di Bruno Mars che è un tipetto buono per tutte le occasioni, estate compresa.
Casomai ci fosse bisogno, poi arriva la tv. Ma non lancia nulla, quell’abitudine se l’è levata o gliel’hanno fatta perdere (meglio la seconda). Al massimo rilancia: vedi Back it up di Caro Emerald, brava e pure originale, che si è fatta notare da un pezzo ma con gli spot Wind contabilizza molto più successo di prima. Idem per Don’t wanna miss you di Catalin Josan che è la colonna sonora di Francesco Totti e Ilary Blasi nella saga Vodafone. Ci sono a tutte le ore e fanno uno share complessivo che la finale dei Mondiali se la scorda. Insomma, il tormentone multitasking adesso si crea e si rigenera a seconda del formato, vive e va in letargo poi si sveglia quando meno te l’aspetti perché i supporti sono diventati più numerosi delle fermate di un treno locale. Basta un blog a dare la scossa, o un sito web oppure una classifichina giornaliera di iTunes per accendere le luci su questo o quel brano. Il risultato però è la frammentazione, quasi sempre almeno. Non c’è più quel filo conduttore tipo Vamos a la playa o Hanno ucciso l’uomo ragno che ancora adesso tiene insieme anche chi si è perso di vista da decenni. C’è più libertà.

O più solitudine, dipende dai punti di vista.

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