Orgoglio industriale e made in Italy

SCENARI Come uscire dalla crisi attraverso il «quarto capitalismo» raccontato da Antonio Calabrò

Il quarto capitalismo, ovvero l’industria su misura. È l’ultima evoluzione del made in Italy, quella che ci traghetterà fuori dalla crisi, sostiene Antonio Calabrò in Orgoglio industriale (Mondadori). Gli esempi non mancano: uno per tutti, le macchine per tagliare il legno, costruite e montate a seconda delle esigenze del singolo produttore d’arredamento, vendendogli dunque non una qualunque macchina utensile, ma proprio «quella» macchina, e insieme un pacchetto che comprende la sua trasformazione man mano che cambia la produzione, la formazione degli addetti, le riparazioni, le nuove tecnologie da adattare e via continuando. Il matrimonio perfetto tra industria - la macchina utensile - e servizi: più esattamente, «un’industria rivestita di servizi».
Ovvero, la ricomposizione di una storica frattura, che per molti anni ha diviso il sistema Italia, e ha fatto scrivere pagine e pagine sul «declino dell’industria» e il «primato dei servizi». Una «grande illusione» che il ciclone della più grande crisi economica del dopoguerra ha spazzato via, lasciando in piedi la struttura solida della nostra economia: la manifattura. Forte di una carriera a tutto tondo, tra giornalismo e impresa, Antonio Calabrò è l’uomo giusto per raccontare questa storia dal finale ancora aperto.
Una storia che parte da lontano, con il «primo capitalismo», quello del decollo dell’economia italiana tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, frenato poi dalla Grande Crisi del ’29. Nel ’33 nasce l’Iri di Alberto Beneduce e con essa il «secondo capitalismo», quello di Stato, che avrà un peso determinante nella ricostruzione e nel miracolo economico. Un modello che si rivela «gigante con i piedi d’argilla» negli anni Settanta, tra choc petroliferi, inflazione e conflittualità sociale alle stelle. Ma alla crisi della grande impresa si affianca la nascita del nuovo modello industriale: il «terzo capitalismo» dei distretti, del «piccolo è bello», del modello Nec (Nord-est-centro). La globalizzazione degli anni Novanta, con l’affacciarsi prepotente di concorrenti quali i Paesi dell’Est Europa, la Cina e l’India, sembra un ostacolo irreversibile: ma l’industria italiana, la migliore, cambia pelle ancora una volta.

Ed eccoci alle cronache contemporanee: l’industria media e medio-grande, protagonista del «quarto capitalismo», è un esercito di 4.600 aziende all’avanguardia sul piano dell’innovazione, in grado di conquistare la leadership sui mercati internazionali, di creare occupazione e sviluppo, anche e soprattutto rispettando l’ambiente.

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