Le origini di uno spirito inimitabile

di Gianni Oliva*

La prima volta è stata nel settembre 1920, sulla vetta dell'Ortigara: un migliaio di Alpini con zaini e penna nera e con il cappellano don Giulio Bevilacqua (futuro cardinale) a celebrare la funzione religiosa in memoria dei tanti (troppi) caduti della Grande Guerra. La più simbolica nel 1948 a Bassano del Grappa, nell'atmosfera sofferta ma orgogliosa di un'Italia che vuole ripartire dopo la tragedia del 1940-45; la più affollata a Torino nel 2011, quasi un milione di persone tra alpini che sfilano e pubblico che applaude, per il centocinquantenario dell'Unità: un secolo di adunate annuali, interrotte solo dal conflitto mondiale. Dovunque, un'organizzazione perfetta fondata sul lavoro dei volontari e migliaia di partecipanti, diventati progressivamente decine e poi centinaia di migliaia. Perché agli Alpini riesce ciò che altre associazioni d'arma neppure tentano? La risposta è nel sistema di reclutamento introdotto nel 1872, all'atto della costituzione del Corpo: mentre tutti i reparti dell'esercito sono formati da coscritti che vengono mandati in regioni lontane da quelle di origine, gli Alpini prestano servizio nelle stesse vallate nelle quali sono nati e cresciuti, perché per operare in alta quota bisogna essere abituati al clima, conoscere il terreno, resistere alla fatica. Il reclutamento territoriale incide così sul carattere dei reparti: in caserma l'Alpino non trova un commilitone, ma un compaesano che conosce lo stesso campanile, che parla lo stesso dialetto, che ha frequentato le stesse scuole. All'interno delle compagnie, si stabilisce un rapporto tra uomini, prima ancora che tra soldati, con una conseguente solidità che non ha bisogno di essere garantita dalla disciplina: per questo nelle prove più dure, in particolare nella sacca del Don, gli Alpini sono stati decimati ma non hanno perso la compattezza dei reparti. L'altra conseguenza è il rapporto con i civili: per la popolazione alpina la caserma non è un luogo estraneo, ma la struttura dove hanno fatto il militare i padri, ora i figli, domani i nipoti.

L'ANA ha saputo interpretare questi tratti e li ha trasformati in messaggio: per questo ha sedi in tutti i paesi, è presente in tutte le manifestazioni pubbliche della comunità, è centrale nelle attività di protezione

civile. E per questo è così popolare da poter mobilitare centinaia di migliaia di persone nelle adunate annuali, in uno spirito positivo di solidarietà, di allegria, di stile alpino.

*autore di Storia degli alpini (Mondadori)

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