A Ostia Antica Plauto batte Molière

Alessandra Miccinesi

Taccagno, spilorcio, pidocchio, tirchio, pitocco. Di epiteti così (odiosi), che orlano i ritratti delle persone attaccate al portafogli, ne esistono a valanga. Eppure, sul proscenio, pochi personaggi sfiorano i livelli di popolarità e di gradimento raggiunti dalla caricatura dell’Avaro. Forse perché sotto la pelle, ogni Arpagone nasconde la storia, umanissima, di un’anima ammalata per un bisogno tanto improvviso quanto urgente: il possesso, cioè la brama per un oggetto trovato che supera di gran lunga il valore del medesimo. Nella commedia che Molière scrisse ispirandosi a L’Aulularia di Plauto, c’è dentro un piccolo campionario d’umanità con i suoi vizi e le sue virtù, le antinomie e le ostilità. Ma soprattutto c’è un attore di razza duttile e versatile, Flavio Bucci, il quale, oltre alla performance-tributo a Ezra Pound Concerto per un poeta (vedi il pezzo a fianco, ndr), domani nei panni dell’avaro Euclione inaugurerà il settore prosa di «Cosmophonies» IX Festival Internazionale di Musica, Teatro, e Danza di Ostia Antica con una performance unica. Senza bis.
Occhi profondi come pozzi, guance scarne, naso importante. Una maschera umbratile, un bosco di espressioni. E un corpo non ancora addomesticato dal tempo che sullo spazio scenico, permeabile agli spasmi interiori dei mille personaggi interpretati, ruggisce o pigola. Bucci debutterà al Teatro Romano con una pièce liberamente tratta dalla plautina Aulularia (ovvero «Pentola del tesoro») lo stesso testo su cui Molière forgiò l’Avaro. La pièce, riletta da Roberto Lerici, pur cavalcando nuove ricostruzioni rispetta lo spirito plautino. Scene scritte per intero ampliando i personaggi, situazioni inventate rispettando il doppio ludico, esperienze di costume tratte da Menandro e qualche verso di Catullo. Così Lerici ha rappezzato il testo di Plauto, mancante del quinto atto, in un fantastico lavoro di tessitura esaltato dalla stoffa degli attori: Luigi Mezzanotte (nei panni di Vinaccia, l’ubriacone), Giorgio Carminati (Saetta, Arlecchino servitore), e un luminoso Flavio Bucci (Euclione «Chiudibene» alias Catenaccio), attore superbo, nato alla scuola del Teatro Stabile di Torino e promosso al cinema con Elio Petri, La classe operaia va in paradiso.

Uno dei pochi interpreti capaci - e lo ha dimostrato nello sceneggiato Ligabue diretto nel ’78 da Salvatore Nocita, e da sempre teatro con Diario di un pazzo di Gogol - di saper umanizzare la follia. Nel cast anche Chiara Gioncardi (Lucilla), Renato Campese (Cicorione), e Fabrizio Coniglio (Lupetto).

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