Tra i reati ipotizzati nellinformazione di garanzia recapitata dalla procura antimafia di Potenza a otto funzionari ed ex funzionari dellEnea, oltre a due boss della ndrangheta, ve nè uno da brividi: produzione clandestina di plutonio, lelemento più usato nelle bombe nucleari a fissione. Il riferimento alla «preziosa» sostanza radioattiva, ricercata in ogni angolo del pianeta da mercanti di morte vicini ad Al Qaida o a Paesi «canaglia», spunta nelle carte del procedimento sul centro ricerche della Trisaia, a Rotondella, sulla costa ionica, due passi da Matera.
Sottinchiesta quasi tutti gli ex direttori del sito nucleare lucano che devono anche rispondere di traffico di sostanze radioattive, commercio di armi, violazione dei regolamenti sulla custodia di materiali e scorie pericolosissime. Già nel 2001 la Dda potentina (pm Montemurro) si era interessata alle attività del centro dal quale, secondo unipotesi investigativa, la criminalità organizzata avrebbe prelevato materiale nucleare per cederlo ad acquirenti collegati allex raìs iracheno, Saddam Hussein. Nel mirino, ora come allora, limpianto Itrec pensato per il trattamento del combustibile nucleare irragiato. E se lEnea ha sempre ribadito che non vi è mai stata presenza di plutonio e che nessun «collo» alluranio è mai uscito dalla struttura lucana, gli inquirenti pensano che forse non è proprio così e che alcuni clan della ndrangheta possano aver «lavorato» su commissione.
Lattenzione della Dda potentina si concentra, infatti, su due personaggi accusati di far parte della criminalità organizzata calabrese. Alla ndrangheta il pm Francesco Basentini arriva dando credito a un memoriale redatto da un boss pentito a proposito dei traffici legati allo smaltimento di 600 bidoni riempiti con rifiuti tossici e radioattivi. Il pentito ha fatto nome e cognome di un funzionario dellEnea di Rotondella che, a suo dire, «stoccava rifiuti provenienti da mezzEuropa e Stati Uniti, che in quel preciso momento aveva lesigenza di far sparire questi fusti che erano stati depositati in due capannoni dellEnea.
«Trovammo i camion e gli autisti - prosegue il collaboratore - per il trasporto dei rifiuti. Calcolammo che per 600 fusti ci sarebbero voluti circa 40 mezzi, i quali dovevano prelevare i bidoni dai capannoni a Rotondella, trasportarli nel porto di Livorno e caricarli su una nave che sarebbe partita per la Somalia. Sembrava tutto pronto ma (...) fu ucciso dalla ndrangheta davanti al tribunale di Reggio Calabria, dove era stato convocato per unudienza.
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