Owen, sei mesi fuori dal mondo Ora potrà dedicarsi ai suoi cavalli

«Wonderboy» è il proprietario di una famosa scuderia di galoppo nel Regno Unito

Tony Damascelli

Wonderboy è già a Newcastle. Con la gruccia a sorreggere quella gamba che si è piegata sul prato di Colonia, dopo settantaquattro secondi di una partita bella e strana. Brutta e perfida per Michael Owen, detto Wonderboy e Piccola Gemma.
Aveva pensato di spendere un monte di sterline per un altro cavallo, ne aveva già scelto il nome, Berlin Boy, memoria dolce delle corse mondiali in Germania, così come aveva dedicato il nome di Etienne Lady alla cavalla in premio dopo il gol magico che Owen stesso aveva segnato all’Argentina nella notte mondiale di Saint Etienne, nel ’98.
Perché Michael Owen non è un ragazzo da sbornie, pub, discodance e via andare. Gli piace giocare a golf, oltre al football si intende, ma soprattutto gli piacciono i cavalli, e allora da Top Man T (nome ispirato dal padre Teddy che ogni volta che ne faceva una buona si autocelebrava «Top Man!») a Speciali (dal nome delle sue scarpe da gioco), a Treble Heights, a Talk to Mojo, a Pivotal, si è da sempre regalato giocattoli di razza costati da mezzo miliardo in su: la sua scuderia è tra le più famose nel mondo dei calciatori e proprio un ex grande d’Inghilterra, Mike Channon, capitano della nazionale, attaccante del Southampton (negli alberghi la suite migliore porta addirittura il suo nome e cognome) è tra gli allevatori proprietari più rispettati del Regno Unito.
Owen è nato il 14 dicembre del Settantanove a Chester, accampamento romano (castrum), da Janette e Teddy. Suo padre è stato calciatore per il club di quella antica città del Lancashire e poi ha fatto cose importanti anche con l’Everton. L’Owen United è completata da due sorelle e due fratelli, cani sparsi e buona musica.
Michael può essere contento di quello che il football gli ha dato: il Liverpool, il Real Madrid, il Newcastle, il Pallone d’oro, la coppa Uefa, la coppa d’Inghilterra, un bel record di gol in nazionale (35 in 75 partite), ma a ventisei anni sembra che la polvere d’oro nelle sue mani sia stata soffiata via di colpo e di nuovo: i legamenti crociati anteriori del ginocchio destro sono saltati, Wonderboy dovrà stare fermo sei mesi, è questo l’esito del controllo medico di ieri, all’ospedale Max Grundig di Buhlertal.
Nello scorso inverno un infortunio al quinto metatarso lo aveva messo fuori squadra per due mesi. La delusione madrilena, la difficile coesistenza con il clan brasiliano, la nostalgia dei cavalli, il ritorno a casa, sembravano cancellati dalla nuova esperienza a Newcastle che lo aveva pagato come nessun altro mai prima: 20 milioni di sterline.
Owen era destinato a risalire in questo mondiale, a fianco di un altro giovane fenomeno, Wayne Rooney. Eriksson puntava sulla coppia fresca, la nuova Inghilterra, ragazzi diversi, per educazione e stile di gioco, ma vicinissimi nell’intendere il gioco, la fase d’attacco, il gol.
«Ho capito immediatamente che si trattava di qualcosa di serio. Ed è difficile accettare la rinuncia alla coppa del mondo, a questa coppa poi che incominciava a darmi soddisfazione. Mi dispiace soprattutto lasciare i compagni, ma credo che sapranno ripagarmi con un regalo speciale. Adesso però devo pensare a me stesso, a guarire, devo pensare al Newcastle».

E il Newcastle, per voce del suo presidente Freddy Shepherd, ha ribadito l’informazione della federcalcio inglese, la diagnosi medica, la prognosi: «Dobbiamo pensare a Michael e alla sua guarigione, sappiamo anche che la Football Association protegge tutti i calciatori con polizze assicurative adeguate».
A Newcastle ha ritrovato la famiglia, i cavalli, la brown ale, una birra che può avere l’effetto di una martellata. Per dimenticare Colonia e quella zolla d’erba.

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