Gian Marco Chiocci
Massimo Malpica
Sull’inchiesta napoletana di Woodcock e Curcio si è abbattuta la mannaia del gip Luigi Giordano. Che ha ridimensionato quello che s’annunciava come uno tsunami in un più banale temporale. Il giudice ha smontato alcune delle parti più dirompenti dell’indagine, a cominciare dalla colonna portante, ritenendo non solo che non c’è alcuna loggia segreta, ma che persino l’associazione per delinquere non è ipotizzabile per qualificare il legame tra i tre principali indagati (Alfonso Papa, Luigi Bisignani ed Enrico La Monica). Ma sono molti, a una semplice lettura, i punti in cui l’ordinanza del gip precisa, corregge, lima e limita rispetto alla richiesta dei pm partenopei.
Un punto fondamentale riguarda le «captazioni telefoniche». C’è, infatti, un’importante divergenza tra pm e giudice sull’utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche. Come è noto, Papa ha utilizzato - per sé e per altri indagati, tra cui Bisignani - sim telefoniche intestate a terze persone. E, per questo motivo, pur essendo parlamentare, è finito intercettato il 30 agosto 2010. Una volta identificato il reale utilizzatore delle sim (con una nota della Guardia di finanza del 10 settembre successivo) gli stessi pm hanno dovuto interrompere immediatamente l’attività di ascolto. E il gip, che spiega come questa intercettazione non sia né diretta né indiretta, ma «fortuita e casuale», è andato in alcuni casi anche oltre: «Questo giudicante - scrive a pagina 17 dell’ordinanza - ritiene che alcune intercettazioni non siano utilizzabili neppure nei confronti dei terzi indagati». Il problema il gip se lo pone affrontando le conversazioni intercettate tra Papa e «terzi indagati» (Bisignani e La Monica), e «dinanzi all’estrema difficoltà di individuare il momento in cui le captazioni direttamente rivolte verso altri indagati potrebbero sembrare anche mirate verso il parlamentare», il giudice «con un giudizio sicuramente opinabile e compiuto a posteriori» decide di «dare prevalenza all’esigenza di salvaguardare l’istituzione parlamentare e di sostenere che, a far data dal 10 settembre - quando si scopre che quella sim la usava Papa - le captazioni potrebbero non essere più» fortuite ma indirette. E dunque «tutti i colloqui ai quali ha preso parte il parlamentare non sono utilizzabili». Vanno «sterilizzate» sia per Papa che per chi parlava con lui, che finisce per giovarsi di quella che il gip chiama «immunità da contagio» dalle intercettazioni. Immunità che ovviamente riguarda solo le telefonate che avevano Papa come uno degli interlocutori.
Va detto che Woodcock e Curcio avevano elaborato uno stratagemma per «salvare» quelle parole ascoltate e registrate tra gli indagati. I magistrati avevano fatto ascoltare a Bisignani alcune delle intercettazioni nel corso degli interrogatori, facendone confermare il contenuto a verbale e sostenendo, di conseguenza, che i verbali di quelle conversazioni spiate «fanno parte integrante dei relativi verbali di dichiarazioni spontanee e le conversazioni intercettate costituiscono fatto storico oggetto di dichiarazione». Insomma, pure se inutilizzabili come intercettazioni, sarebbero «recuperate per mezzo delle dichiarazioni spontanee» fatte ai pm da Bisignani e dagli altri interlocutori. Ma il gip non la pensa così, e «ritiene di propendere per un indirizzo più rigoroso», perché se quelle telefonate registrate sono inutilizzabili, «non potevano essere usate neppure durante le spontanee dichiarazioni di Bisignani o le sommarie informazioni dei testimoni». E così, nell’ordinanza, i verbali di dichiarazioni sono stati «depurati dalle parti che fanno riferimento diretto alle telefonate». Alcune delle conversazioni intercettate «fortuitamente», prima che si sapesse che l’utente della sim era Papa, possono però essere utilizzate nei confronti di terzi interlocutori, mentre dopo il 10 settembre «non vengono riportate».
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