PACIFICAZIONE MA SENZA AMNESIE

La stretta di mano tra la vedova del commissario Calabresi e la vedova dell’anarchico Pinelli ha segnato un momento importante, e un momento alto, della vita nazionale. Il valore simbolico, nel giorno della memoria, di quel gesto di riconciliazione, non è sfuggito, suppongo, a nessuno. Ritengo che Giorgio Napolitano sia stato saggio e audace insieme nel promuovere l’incontro tra due donne cui la crudeltà degli anni di piombo ha tolto il compagno della vita. Il Presidente ha reso omaggio alla figura di Giuseppe Pinelli, «un innocente che fu vittima due volte, prima di pesantissimi infondati sospetti, e poi di un’improvvisa, assurda fine»: aggiungendo che «qui si rompe il silenzio su una ferita non separabile da quella dei 17 che persero la vita in Piazza Fontana».
Proprio perché condivido pienamente l’iniziativa del Capo dello Stato, credo che le sue espressioni abbiano bisogno d’un chiarimento. È vero, Pinelli fu oggetto di sospetti infondati, da cui derivò la successiva tragedia. Ma ben presto la sua figura venne giustamente riabilitata, e quegli infondati sospetti diventarono prove d’accusa per una campagna durata decenni - altro che silenzio - contro la polizia. Luigi Calabresi fu messo alla gogna come «commissario finestra» da un assordante coro di sinistra, non ci furono riabilitazioni se non al livello ufficiale, che conta poco. Parecchi tra coloro che in dichiarazioni, libri, pubblicazioni, testi teatrali si erano scagliati contro il «poliziotto assassino» non hanno sentito il dovere di scusarsi pubblicamente e solennemente. Anzi, alcuni testi di successo di quella abbondante produzione continuano a essere proposti.
Allora il pericolo è che il sacrosanto atto di rispetto verso la vedova Pinelli sia interpretato come un avallo alla verità «rivoluzionaria» sul crimine di Stato. Niente di più facile in una Italia dove - lo ha deplorato proprio Napolitano - dilaga l’esibizionismo dei terroristi in pensione, e la realtà d’un tempo cupo e sanguinario viene avvolta da un «alone romanticheggiante». Nella disputa sui combattenti di Salò e sui partigiani i sermoneggianti apostoli della Resistenza insistono sul fatto che una parte aveva ragione, l’altra torto. Impossibile porle sullo stesso piano. Nel loro piccolo anche i liberali un po’ ingenui come me operano la stessa distinzione per il terrorismo. Chi lo praticava, ma anche chi lo aveva in simpatia, non può essere confuso con le vittime.

Il ricordo dei galantuomini è prezioso, quali che fossero le loro idee: e dunque anche il ricordo di Luigi Calabresi e di Giuseppe Pinelli. Prezioso per chi si inchina a loro, non per chi ancora utilizza quei nomi per polemiche meschine.

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