nostro inviato a Padova
E questo come lo chiameranno? SuperDico? Dicone? Dichissimo? Perché cè anche un problema di linguaggio, dopo che laltro giorno tre giovani donne hanno ottenuto dal Comune di Padova (retto dal centrosinistra) di unirsi in una «famiglia anagrafica legata da vincoli affettivi». Hanno tra 24 e 27 anni, sono belle («di quelle con cui naufragare su unisola deserta», ha scritto ieri il Gazzettino) e provengono tutte da Paesi lontani (Brasile, Congo, Somalia) con storie diverse alle spalle. Una fa loperaia, le altre due non hanno lavoro.
Si sono conosciute per caso qualche anno fa, sono andate ad abitare nello stesso appartamento, sono diventate molto amiche, quasi inseparabili. E ora, con il dibattito sul riconoscimento delle coppie di fatto, nella stagione in cui tutti i desideri diventano diritti inalienabili, hanno scoperto che lamicizia può diventare anche qualcosa di più.
Basta dichiarare «vincoli affettivi» per essere una famiglia, anche se non si è una coppia ma un trio, e tutte dello stesso sesso? Evidentemente sì, nellItalia di oggi. Questo strano terzetto ha un padrino e una madrina: il consigliere comunale Alessandro Zan (che proprio ieri ha lasciato i Ds «omofobi»), presidente regionale dellArcigay e promotore della manifestazione di sabato scorso a Roma, e lavvocato Daniela Ciardullo. Zan ha ripescato una legge del 1954 dimenticata da tutti e il Regolamento anagrafico nazionale. Il quale dispone che «agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi la dimora abituale nello stesso Comune». Requisiti di cui le tre immigrate disponevano.
In base a questa normativa, Zan ha fatto approvare il 4 dicembre dal Consiglio comunale una mozione trasformata poi in delibera «a sostegno del riconoscimento di diritti alle persone che vivono in convivenze non matrimoniali»: un testo servito da base al governo per il disegno di legge sui Dico. Zan per la verità voleva il Registro delle coppie di fatto, ma la Margherita ha concesso soltanto il riconoscimento anagrafico, lo stesso vigente a Bologna dal 1999. Sufficiente per aprire la breccia che il 3 febbraio ha consentito a Zan di benedire le prime due coppie di fatto «ufficiali» di Padova, una delle quali composta da gay.
E sufficiente anche per ottenere lestensione dei benefici, limitati ma non disprezzabili, concessi ai conviventi «more uxorio», come iscriversi alle graduatorie per le case popolari della Regione (dopo due anni di convivenza), avere il permesso retribuito in caso di decesso o infermità del familiare, o più semplicemente delegare un prelievo in banca.
Daniela Ciardullo, avvocato matrimonialista, è entrata nelle pieghe di leggi e regolamenti stabilendo che sì, anche una famiglia di tre donne è possibile. «Mi hanno chiesto di aiutarle e io ho solamente messo in atto quello che era un loro diritto», ha detto al Gazzettino. Venerdì mattina ha accompagnato le tre immigrate davanti allufficiale dellanagrafe di Padova: «Me lhanno chiesto loro, tre ragazze straniere dalla pelle scura avrebbero potuto avere qualche problema con la burocrazia. Chiedevano tutela sul fronte abitativo e dei loro diritti. Con me si sono sentite sicure».
In effetti il funzionario comunale è rimasto perplesso quando ha letto il modulo che gli veniva sottoposto. Ha chiamato il dirigente dellufficio. Anche lui ha strabuzzato gli occhi, poi ha dovuto dare via libera. Lavvocato ha ricordato che la normativa non fa distinzione né di sesso né di numero, e che basta dichiarare questo «vincolo affettivo di terzo tipo» (definizione del consigliere di Forza Italia Giampiero Avruscio) e la coabitazione per ottenere lattestato di costituzione di famiglia anagrafica.
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