Padre Blodbodj sulle tracce della Sindone e della fede

Nel nuovo romanzo di Joseph Thornborn il Sacro telo è minacciato da una setta. Ma il colpevole non è quello che sembra

Dalle parti della Santa Sede - dove forse lo conoscono bene - direbbero: «È proprio un tipo sgamato, questo Joseph Thornborn». E infatti lo è. Nel suo L’enigma del sangue (in uscita oggi per Piemme, pagg. 380, euro 19) gli è riuscito di compiere quello su cui si sono spaccati inutilmente la testa gli accoliti editoriali della moda «Dan Brown, Codice Da Vinci e dintorni»: fare cronaca, fare suspense, creare un’atmosfera di gossip reale e non posticcio, comunque abbastanza sfumato da solleticare l’attenzione del lettore, costruire una trama da classifica con contenuti da classifica, e allo stesso tempo, però, umanisticamente, non perdere per strada le importanti motivazioni psicologiche che fanno agire alcuni uomini di fede e le persone che girano intorno a loro per i più svariati motivi, anche, ma sì, sentimentali.

Come direbbe Zizek, non perdete tempo con i telegiornali, sono solo notizie spicciole: tra queste pagine, sotto le mentite spoglie del «pop», c’è molta più verità sul nostro presente. Da dire, poi, che alcuni temi di questo thriller sono all’ordine del giorno: lo sbando della Curia romana forse troppo presa da lotte intestine, l’alto ma non risolutivo magistero di un Papa teologo. Cominciamo dal protagonista, don Sebastiano Blodbodj, meglio conosciuto come «Don Blobo». Come assistente del prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, Don Blobo ha a che fare ogni giorno con polverosi documenti vecchi di secoli, se non di millenni, che tutto sommato non rivestirebbero una grande importanza eccetto che per filologi ed eruditi.

Ma si sa, e non è nemmeno colpa di Dan Brown: l’attenzione mediatica sulla Chiesa, l’ansia di compulsare capziosi quanto dimenticati carteggi in latino a proposito di misteri mai risolti e di scoperchiare alibi è un gran motore della contemporaneità, capace di costruire su un singolo particolare un intera teoria di complotti. E allora ecco che Don Blobo - prete tormentato da incertezze di fede quanto da tentazioni carnali - riceve da una giovane studiosa verso cui prova una certa «simpatia» un dossier che testimonierebbe come i Templari abbiano tributato un culto particolare e segreto a una reliquia che aveva a che fare con un volto (quello della Sindone?). Don Blobo, non bastasse, si vede recapitare negli stessi giorni anche un pacco anonimo con un Dvd e una fotografia che lascerebbero intendere come un vasetto di terracotta appartenuto a Padre Pio fosse in realtà, nientemeno, che il Santo Graal.

Due grattacapi, due indagini da svolgere tra storia e mito, due fili narrativi che ovviamente si intrecciano lungo tutto il romanzo, colmo di parecchi momenti mozzafiato: durante un incendio nella Cappella del Guarini, i membri di una setta travestiti da pompieri (in una vera scena madre hollywoodiana) trafugano la Sindone per organizzare un esperimento in mondovisione per screditare la reliquia e, contestualmente, tutti i cattolici creduloni. Verremo poi a sapere che tra questa setta e alcune frange fondamentaliste islamiche c’è una sorta di alleanza per affossare la cristianità e innalzare l’Islam. Ma, naturalmente, come in ogni thriller che si rispetti, soprattutto se Vatican-oriented, il colpevole non è mai quello che ci si aspetta... Tuttavia sarà anche don Blobo, alla fine, con le sue peripezie professionali e le sue vicissitudini interiori, ad aver catturato il lettore tanto quanto il plot narrativo. Si tratta di una figura di sacerdote molto ben descritta, molto attuale, che fa il paio con quella del giornalista John Costa, presente anche nei precedenti romanzi di Thornborn (Il quarto segreto e L’ultima rivelazione, sempre per Piemme).

In L’enigma del sangue è don Blobo che ci informa dei tormenti di un sacerdote che, durante la messa, non riesce più a parlare «in persona Christi» per ragioni teologiche, parrebbe, tipiche della nostra contemporaneità, nonché

dei tormenti di un uomo votato alla castità in un mondo postmoderno. E anche, a latere, delle diplomazie vaticane a cui è vietato dire bugie, ma che possono, però, «non dire tutta la verità smentendo una notizia vera».

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