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Il padre del giovane ultrà: «Mio figlio capro espiatorio»

nostro inviato a Catania
È disegnata su un cartoncino formato A3 la scena del delitto, nel momento che precede lo scontro tra dieci «tifosi» del Catania e i poliziotti guidati dall'ispettore Filippo Raciti, all'ingresso della curva nord dello stadio etneo. Così gli inquirenti hanno voluto illustrare la dinamica ricostruita grazie alle registrazioni delle telecamere. Che, secondo i pm, incastrerebbero il diciassettenne ultrà rossoazzurro: avrebbe sferrato lui il colpo all'addome che ha spappolato il fegato del poliziotto, uccidendolo.
Per la Procura non c'è nessun dubbio sulla sua colpevolezza. Nel filmato, insistono i magistrati, sia Raciti che il presunto responsabile della sua morte sarebbero stati identificati con certezza. «Dunque - conclude il procuratore aggiunto Renato Papa - la persona contro cui è stata usata la sbarra come un ariete era Raciti». Che a impugnare l'improvvisata arma fosse il ragazzo sembra ugualmente assodato: «Il minore - aggiunge La Rosa - si è riconosciuto nel soggetto che brandisce il pezzo di metallo di oltre cinque chili di peso. Tutto porta alla conclusione, anche sulla base delle ammissioni, che sia stato lui a spingere l'agente». Il diciassettenne avrebbe dunque ammesso le proprie responsabilità nel lungo interrogatorio di giovedì.
Ma la verità della Procura non è condivisa dalla difesa del minorenne. Per suo padre è «un capro espiatorio, vittima di un linciaggio mediatico», e bisognerebbe semmai capire perché le forze dell'ordine hanno sparato lacrimogeni in curva esacerbando gli animi. E il legale del giovane, l'avvocato Giuseppe Lipera, smonta gli inquirenti che parlano di «ammissioni corpose e suggestive» del diciassettenne. «Proprio il video scagiona il mio assistito. È vero che il ragazzo si è riconosciuto in quel gruppo, ma non brandiva nulla. Insieme agli altri ha lanciato in aria questa specie di lamiera la cui traiettoria, dal basso verso l'alto, si conclude a terra senza colpire nessuno e senza incontrare ostacoli, com'è evidente nelle immagini. Siamo ancora in attesa di una determinazione formale da parte della Procura dei minori». Due versioni che condividono la premessa non le conclusioni, perché «il ragazzo - prosegue Lipera - ha ribadito di non aver colpito nessuno nella schermaglia».
Eppure il procuratore capo D'Agata si spinge a «plaudire» i colleghi e la polizia «che nell'arco di soli sette giorni sono arrivati a una dettagliata ricostruzione e a individuare le responsabilità». Una frase che sottolinea le certezze degli inquirenti, sicuri che quella ripresa dalla telecamera sia stata «l'unica occasione di contatto fisico di Raciti nel corso degli scontri», come afferma La Rosa. La Procura è consapevole che manchino le riprese del momento dello scontro, avvenuto all'altezza della porta e dunque con le telecamere coperte dal muro di cinta. «Ma la consecutio è chiara - insistono i magistrati -, anche se manca il fotogramma». E se l'ultima parola spetterà al gip, «siamo fermamente convinti che tutti gli elementi provino che le cose siano andate così», riassume Papa, promettendo che presto anche gli altri componenti del gruppo che avrebbe attaccato Raciti verranno identificati. Si lavora poi per dare un nome ai responsabili delle altre devastazioni. Perché in quella serata di follia «non c'è stato solo un morto, ma anche 84 feriti, alcuni dei quali molto gravi.

E questi ultimi - conclude il pm catanese - nessuno se li fila».

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