Il padre: "Mi sono illuso di liberare la mia bimba, invece l’inferno continua"

Beppino Englaro: "Per un attimo ho incrociato il suo sguardo, pensavo fosse la fine di tutto. Non so cosa succederà adesso, nessuno però può dire che io non abbia fatto le cose alla luce del sole"

Il padre: "Mi sono  illuso di liberare la mia bimba, invece l’inferno continua"

nostro inviato a Lecco
«Se non è un inferno questo, allora ditemi voi». Questa volta la voce di Beppino Englaro trema. È tutta rabbia e paura. Ieri ha dovuto affrontare una prova tremenda. La peggiore. Credere per un attimo di vedere la figlia morire, trattenere il fiato e poi invece rivedere le sue condizioni ristabilirsi. Come una beffa, come uno scherzo, come un insulto al dolore e alla sofferenza. Una specie di prova generale. Così, Beppino Englaro ieri ha potuto vivere il dolore di una morte a metà. Lui, che la morte l'ha invocata e supplicata. Ieri è apparsa solo per un momento. Una morte che agisce in modo crudele e beffardo, che prima si fa attendere e poi scappa. Si sono guardati quasi in faccia. Beppino ha sentito qualcosa, le gambe che tremano, il dolore straziante, ma anche liberatorio, di assistere alla fine della figlia. La sua bambina. «L'Eluana», come la chiama lui. Il telefono di casa era squillato intorno alle 10. Lui si stava preparando per andare ad un convegno a Milano. Lo aspettavano come ospite, avrebbe parlato per l'ennesima volta di Eluana, di quella ragazza che esisteva un tempo, ma che ora non esiste più, della sua vitalità, della sua voglia di vivere, di quello che non avrebbe mai voluto fare, cioè vivere in coma vegetativo. Lui ha risposto a quel trillo con il pensiero altrove. Era la clinica. «Venga subito. Eluana è peggiorata». Emorragia uterina. Un flusso di sangue che da un paio di giorni non le lascia tregua, che la dissangua lentamente. «Eluana potrebbe non farcela». Panico, terrore. Un incubo macabro si mescola a un sogno. Un desiderio che si sporca di speranza. Forse le sue preghiere sono state ascoltate. Forse è Dio, forse è il destino. Eluana è stanca. È stanca di aspettare la giustizia degli uomini, i ricorsi, i controricorsi, la Consulta, la Cassazione, la politica, il testamento biologico. È stanca di discussioni, di morte e non morte, di filosofi e dottori, di preti, di laici e scienziati. Nessuno conosce il confine, lì dove la vita non è più vita. Non lo sa il padre che soffre, senza speranza. Non lo sa neppure Eluana. L'unica cosa certa è che la vita passa, e c'è un momento in cui tutto finisce. Non c'è bisogno di carte bollate, un giorno succede qualcosa, un'emorragia interna, e tutto si chiarisce. Quella poteva essere la volta buona. Doveva esserlo. «Non so più cosa dire, continuo a ripetere che vivo in un inferno. A chi si domanda com'è rispondo: guardate me. Ditemi voi se questo non è un inferno». La frase è sempre quella, ripetuta in modo ossessivo. «Speravo fosse arrivato il momento di liberare mia figlia».
Il breve tragitto in auto Beppino lo fa quasi senza accorgersene. È un percorso di dolore e di giustizia. Finalmente il senso della sua battaglia. Finalmente non resta che mettere la parola fine. Davanti al letto ci sono medici, suore e infermiere, è un via vai continuo. La morte è lì che aspetta, davanti al letto della sua Eluana. E a lui non resta che piangere e tremare. Sono tutti uniti. «Per la prima volta - dice Beppino - io e loro eravamo d'accordo su da farsi. Come in un'alleanza terapeutica. Una sensazione di pace e di dolore insieme». I medici non vogliono intervenire. «L'accanimento terapeutico no», dicono. E allora non resta che vegliare. Nessuna trasfusione. Lei perde sangue, e nelle sue condizioni può reggere per poco. Lui le resta accanto. Aspetta, poi esce dalla clinica per prendere una boccata d'aria. Ritorna nel pomeriggio. Alle 15 sembra ancora una situazione disperata. Poi succede qualcosa. Eluana resiste. Si riprende. L'emorragia si arresta. È la fine dell'inizio. I suoi globuli rossi si stanno riformando. I parametri tornano nella norma. Il volto del padre diventa pallido. Ha gli occhi gonfi. Quel corpo sdraiato nel letto non molla, non vuole andarsene. È la vita che si riprende: Eluana ce la farà. È fuori pericolo. «Ditemi voi se questo non è un inferno», ancora.

Domani Beppino tornerà in clinica, di nuovo a trovare quel corpo tenace e testardo. «Non so cosa succederà ora, in medicina non si può mai dire. Certo nessuno può dire che io non abbia sempre fatto le cose alla luce del sole». Intanto lui riprenderà la sua lotta contro la vita.

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