Anno domini 2001. Silvio Berlusconi torna alla guida del governo e nel Cpi (corruption perception index, indice di corruzione percepita), redatto da Transparency international, lItalia si piazza al 29° posto, con punteggio 5,5. Zona quasi virtuosa o, se preferite, mediana, giacché lindice che determina la percezione dellimmoralità regnante nella cosa pubblica e nella politica attribuisce ogni anno a ciascuna nazione un voto che va da 0 (massima corruzione) a 10 (assenza di corruzione). Davanti a noi, in quel 2001, Paesi perbenissimo quali Finlandia (1° posto in classifica, voto 9,9), Nuova Zelanda (3°), Norvegia (10°), Stati Uniti (16°), Giappone (21°), Francia (23°).
Anno domini 2007. A Palazzo Chigi siede Romano Prodi e lItalia arretra nel Cpi di 12 posizioni, al 41° posto, con punteggio 5,2. Sempre zona mediana, ma nel frattempo siamo stati superati da civilissimi Paesi quali Barbados (23°), Uruguay (25°), Saint Vincent e Grenadine (30°), Qatar (32°), Macao (34°), Dominica (37°).
Diamo a Romano quel che è di Romano: nellanno domini 2006 era riuscito a superarsi. Aveva retrocesso lItalia addirittura al 45° posto, con punteggio 4,9, zona corruzione andante con brio, schiacciandola lItalia, non la corruzione fra Corea del Sud e Malaysia, appena sopra, e Repubblica ceca e Kuwait, appena sotto. Sempre ben lontana, comunque, dallirreprensibile Bhutan (32° posto, voto 6,0), un regno dove peraltro non è che ci sia molto da rubare, considerato che il reddito pro capite quotidiano non arriva ai tre euro. Resta il fatto che il Botswana del presidente Festus Mogae (38° nella graduatoria 2007) appare molto meno corrotto rispetto al Belpaese di Balanzone.
Prevengo subito lobiezione del centrosinistra: lItalia nel 2006 è finita al 45° posto in assoluto il risultato peggiore da quando fu inventato il corruption perception index perché Prodi raccoglieva la tragica eredità lasciata dal governo di centrodestra in carica per tutto il 2005. Obiezione respinta. A parte che il Cpi viene sempre diramato nel secondo semestre e utilizza dati sia dellanno di riferimento sia dellanno in corso, come a scuola vale la media dei voti in pagella. Primi due anni di Berlusconi: 5,3. Primi due anni di Prodi: 5,0.
Per sintetizzare: la superiorità morale della sinistra è una patacca. Lo attesta, nero su bianco, lorganismo internazionale tanto caro ai magistrati. Eh sì, perché cè anche questo aspetto della faccenda da considerare: che Transparency vale più della Cassazione, per i reduci di Mani pulite. Proprio sullEspresso della scorsa settimana, Piercamillo Davigo, oggi giudice della Corte suprema dopo essere stato uno dei pubblici ministeri del pool di Milano durante la stagione di Tangentopoli, lamentava: «Se si guarda al prima e al dopo in base alle statistiche giudiziarie o dellIstat, il nostro sembra un Paese onestissimo. Il che contrasta con gli indicatori elaborati da Transparency international, che nel 2006 colloca la virtuosa Finlandia al primo posto in Europa e noi al penultimo, seguiti dalla Grecia». Errore, vostro onore: al sestultimo, seguiti anche da Repubblica ceca, Slovacchia, Bulgaria, Polonia, Romania, le quali glielo segnalo qualora ella non ne fosse ancora informato fanno parte della Ue.
Cera proprio il pm Davigo, insieme col suo collega Gherardo Colombo, a tenere a battesimo la sezione italiana di Transparency dieci anni fa. «Un tasso di corruzione insopportabile per un Paese civile e moderno continua a infestare lItalia», dissero quel 20 gennaio 1997 a Milano, come rilevo da un trafiletto apparso lindomani su Repubblica. Allora lItalia stava al 34° posto (Cpi 2006), ultima per «onestà» fra le 15 nazioni dellUnione europea. Voto: 3,4. Da bocciatura. E il presidente del Consiglio era sempre Prodi, con Walter Veltroni come vice. Non che nel 1995, con Lamberto Dini, le cose fossero andate tanto meglio: 33°. La situazione non migliorò certo con i successivi governi di centrosinistra, guidati dallo stesso Prodi, da Massimo DAlema e da Giuliano Amato. Anzi: 39° posto nel 1998, 38° nel 1999, ancora 39° nel 2000. Strano. Tutti questi esecutivi avrebbero dovuto giovarsi della catarsi dipietresca. Invece, niente.
In compenso lo scorso anno, di questi tempi, Prodi è riuscito nellimpresa di costringere alle dimissioni irrevocabili lAlto commissario per la lotta alla corruzione, Gianfranco Tatozzi, illustre magistrato che avrebbe dovuto restare in carica fino al 2009 e che invece se ne andò sbattendo la porta e denunciando dessere stato lasciato nel «più completo isolamento». Il premier non sera mai degnato di riceverlo, malgrado le funzioni di Tatozzi dipendessero direttamente da lui.
Tornando allaureo metodo delle pagelle, si può trarre la seguente conclusione: in otto anni di governo della sinistra, Transparency ha assegnato allItalia come voto medio 4,4; in cinque anni di governo della Casa delle libertà, 5,1. Il che significa che eravamo più vicini al 10 (assenza di corruzione) con la seconda che con la prima.
Ma capisco che si tratta di un giudizio partigiano e scarsamente attendibile. In fin dei conti questa Transparency è stata definita «la santa inquisizione globalista» per la sua pretesa di mettere allindice gli Stati nazionali, decidere chi merita la patente di probità e chi no, far cadere i governi (vantò come determinante il peso del proprio corruption perception index nella destituzione della premier pakistana Benazir Bhutto). Lha fondata nel 1993 un giurista tedesco di 69 anni originario di Augsburg, Peter Eigen, che per un quarto di secolo sè occupato dello sviluppo economico dellAmerica Latina e dellAfrica per conto della Banca Mondiale. Eigen è stato anche consulente tecnico del governo del Botswana, donde lottimo piazzamento in classifica di sua eccellenza Festus Mogae, suppongo.
Transparency è diffusa in una novantina di Paesi ma, nonostante il segretariato generale si trovi a Berlino, sembra che sia nata nientemeno che da unintuizione del principe consorte Filippo, duca di Edimburgo, che è notoriamente tenuto in alta considerazione dalla moglie, la regina Elisabetta dInghilterra. Del resto il marito della sovrana aveva già dato buona prova come patrono del Wwf (Fondo mondiale per la natura), la più grande associazione ambientalista del mondo, incarnata nel nostro Paese da quel Fulco Pratesi che si vanta di farsi il bagno solo una volta la settimana, di cambiarsi la camicia e i calzini ogni tre giorni e le mutande ogni quattro, mentre la canottiera gli dura da un sabato allaltro.
La sezione italiana di Transparency è presieduta da Maria Teresa Brassiolo, in passato consigliera leghista al Comune di Milano. Nel comitato donore figurano Ettore Albertoni, presidente del Consiglio regionale della Lombardia, già consigliere damministrazione della Rai in quota Lega, e Piero Bassetti, che fu il primo presidente della Giunta lombarda nel 1970 e in precedenza deputato della sinistra democristiana. È la stessa Transparency ad ammettere che il Cpi è un indice composito, ottenuto sulla base di interviste raccolte fra «esperti del mondo degli affari» e «prestigiose istituzioni», cioè non si basa su dati concreti bensì sulla «percezione» soggettiva dei suoi compilatori.
Lultima newsletter di Transparency Italia risale al 2005. Lultima ricerca al 2004. Lultimo rendiconto annuale al 2003. Lultima pubblicazione al 2002. O lavorano poco o non aggiornano mai il loro sito.
Stefano Lorenzetto
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