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Un Paese di scatole nere

In Italia 5 milioni di auto montano una «black box» che registra movimenti, velocità e stili di guida È un record mondiale e soprattutto una difesa contro il caro-polizze

Un Paese di scatole nere

Il grande fratello è tra di noi. O, più precisamente, sulle nostre strade. Sono 5 milioni le automobili italiane che viaggiano con una scatola nera a bordo, l'apparecchiatura collegata al sistema satellitare Gps che registra tutti i dati (tra l'altro soste, movimenti, velocità), della vettura e di chi la guida. Se si fa un confronto con gli altri Paesi si scopre che siamo i primi al mondo, con una percentuale totale di veicoli controllati che non è lontana dal 15% dei mezzi in circolazione, contro cifre pari al 4/5% perfino in mercati evoluti come quelli del Nord Europa. C'è di che gioire? Forse, anche se, in realtà, tanta modernità tecnologica affonda le radici in una tradizionale, e non particolarmente lusinghiera, caratteristica della circolazione italiana. Per capirlo basta guardare ai nuovi contratti assicurativi per l'Rc Auto: in province come Napoli e Caserta il 50% delle polizze vendute comporta l'installazione di una scatola nera, a Bolzano, Trento, Udine e Belluno la percentuale scende sotto il 7%.

ZONE A RISCHIO

La differenza tra le diverse zone è legata ad alcuni parametri fondamentali: il cosiddetto tasso di sinistrosità (il numero di incidenti per chilometro di strade), i risarcimenti pagati e la quantità di frodi tentate ai danni delle compagnie assicurative. Basta qualche dato per farsi un'idea: in provincia di Napoli il tasso di incidentalità (incidenti in rapporto ai chilometri di strade) è pari a 16,8, a Bolzano l'1,31. E ancora: nove dei primi dieci comuni italiani per numero di incidenti sono in provincia di Napoli (per la cronaca, in testa c'è San Giorgio a Cremano e l'unico centro non napoletano a figurare in testa alla classifica è Melegnano, in Lombardia, dove si trova il più grande casello dell'Autostrada del Sole). Infine, secondo i dati dell'Ivass (l'istituto di vigilanza delle assicurazioni), il 43% dei sinistri che avvengono in Campania sono, per le loro caratteristiche, da considerarsi a rischio frode, contro il 23% della media nazionale. Il risultato di questa elencazione di cifre è che in zone «a rischio» (vedi anche l'articolo in basso) le polizze finiscono per costare un occhio della testa. E a rimetterci sono anche e soprattutto gli automobilisti onesti, i quali, sempre più spesso, trovano un'unica via d'uscita per strappare qualche sconto: farsi controllare, appunto, da una scatola nera. «Il boom nasce da un duplice vantaggio», spiega Umberto Guidoni, responsabile del servizio Auto dell'Ania, l'associazione delle imprese assicuratrici. «Chi richiede la black box ne ricava un beneficio in termini di risparmio sul premio. Quanto agli assicuratori l'apparecchiatura consente di selezionare il rischio: io posso presumere un comportamento corretto da chi accetta di farsi controllare e quindi posso concedere un ribasso sulla somma richiesta».

LEGGE E MERCATO

A «spingere» le scatole nere è stato il disegno di legge concorrenza approvato dal Parlamento l'anno scorso. «Nel caso di installazione di meccanismi elettronici, come appunto le black box, è stato introdotto un sistema di sconti obbligatori», spiega Donatella Porrini, docente di politica economica all'Università del Salento. «Ma il meccanismo degli sconti era già all'opera sul mercato delle polizze e quindi non si capisce bene perché si sia sentito il bisogno di introdurlo per legge, né che cosa c'entri con i provvedimenti a favore della concorrenza. Ma così è stato». La determinazione più precisa degli sconti obbligatori è stata affidata a un regolamento del già citato Ivass, che, pubblicato in aprile sulla Gazzetta Ufficiale, entrerà in vigore nel mese di luglio. Le nuove norme prevedono un doppio meccanismo parametrato sui risparmi ottenuti dalle compagnie e una sorta di premio per gli automobilisti «virtuosi» nelle zone invece dove ci sono più incidenti. Ma a fare la differenza è il mercato: installare una black box si può tradurre in un risparmio, nelle zone più a rischio frode, fino al 20/25%. Proprio qui si spiega il successo delle scatole nere che, non a caso, sono triplicate dal 2012. L'unico problema, che alla lunga potrebbe mettere in pericolo il boom, è che si parla di scatole nere senza che ufficialmente nemmeno si sappia che cosa è esattamente una scatola nera. Il già citato disegno di legge sulla concorrenza parlava di provvedimenti che avrebbero dovuto stabilire «le caratteristiche tecniche», «le modalità di raccolta e gestione dei dati» e le norme sull'interoperabilità degli apparecchi, che in prospettiva avrebbero dovuto perfino diventare obbligatori. La paralisi politico-burocratica ha bloccato l'adozione delle norme previste. E questo crea una sorta di terra di nessuno legale. «Problemi di privacy a parte, la prima questione aperta riguarda le necessarie garanzie tecniche sul funzionamento degli apparecchi», dice Sonia Monteleone, avvocato del Movimento consumatori. «Tutto si regge sulla loro affidabilità, ma fino a che punto possiamo considerarla reale? Tanto più che in caso di incidente è previsto che le scatole facciano piena prova, una disposizione che scardina le norme fondamentali del diritto civile». La controversia è già sul tappeto e a sollevarla è stato un giudice di pace di Napoli che su quest'ultimo punto ha trasferito la questione alla Corte Costituzionale che dovrà dunque pronunciarsi.

BONUS E MALUS

E mentre legge e istituzioni arrancano la tecnologia apre agli assicuratori nuove prospettive: il monitoraggio completo di tic e abitudini degli assicurati con dispositivi sempre più sofisticati. Una strada su cui ci si è già avviati. Le Generali, per esempio (un milione di scatole nere sul mercato italiano, la metà delle quali di seconda generazione) attraverso la consociata Genertel offre un programma chiamato Quality Driver: i dati telematici relativi allo stile di guida del cliente (rispetto dei limiti di velocità, accelerazioni o decelerazioni imprudenti, ecc) vengono elaborati da un algoritmo e trasformati in un punteggio che si traduce in uno sconto fino al 25% sul valore della polizza.

Quella tecnologica non è la sola novità che sta interessando il settore. La svolta più rilevante in preparazione riguarda la revisione del sistema bonus-malus con l'ormai tradizionale divisione dei guidatori in 18 classi di merito (la prima quella degli autisti più virtuosi, la diciottesima di quelli più pasticcioni). Intorno all'estate l'Ivass inizierà a raccogliere i pareri degli operatori per avviare la riforma. E a sollecitare un cambiamento sono prima di tutto le compagnie. «Così com'è il meccanismo non funziona», spiega Guidoni dell'Ania. «L'85% dei guidatori è in prima classe e più del 90% nelle prime due e solo lo 0,7% del totale è al quattordicesimo livello, quello di ingresso».

A pesare sono gli effetti del decreto Bersani di qualche anno fa, in base al quale anche un nuovo patentato che acquisti un veicolo può, per così dire, ereditare la classe di merito di un familiare convivente, senza bisogno di passare da quella di ingresso. Di recente tra l'altro ad allargare l'ambito di applicazione della norma è stata la stessa Ivass, che ha esteso il beneficio fin qui limitato alle famiglie anche alle coppie di fatto. E sempre l'Ivass ha cambiato un altro punto della normativa: finora il conducente che usava auto in leasing o con noleggio a lungo termine (formule per altro sempre più diffuse) perdeva, passati cinque anni, la sua storia assicurativa e quindi la classe di merito acquisita. Trascorsi i cinque anni di noleggio, se decideva di acquistare un'automobile di proprietà doveva ricominciare da capo la trafila, acquistando una polizza in classe quattordicesima, più costosa. Da adesso in poi il limite dei cinque anni non vale più, il conducente potrà utilizzare la sua vecchia classe anche superato questo periodo. «In realtà a incidere non è solo il decreto Bersani», aggiunge Guidoni. «Tutto il meccanismo, per come è congegnato, finisce per provocare uno schiacciamento verso l'alto, un effetto appiattimento. In altri Paesi questo tipo di conseguenza viene evitato con un meccanismo di penalizzazione più pesante. Se si provoca un incidente in Germania la retrocessione arriva fino a sei classi, qui da noi ci si ferma a due.

Qualche cosa bisognerà pur fare».

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