«Pagata per andare da lui» Nuovo fango sul Cavaliere puntuale come le elezioni

Eccola, la «scossa» preannunciata da Massimo D’Alema. Trasmessa, come nel 1994, dal Corriere della Sera. È una storiaccia confusa, contraddittoria e inverosimile, riferita da una bionda amante dei soldi e degli intrighi. E che arriva a orologeria, come tutti gli attacchi piombati su Silvio Berlusconi negli ultimi mesi. Una volta è il Noemigate mentre il premier è al congresso dei popolari europei; un’altra è il can-can mediatico sulle motivazioni della sentenza Mills quando il premier annuncia una legge di iniziativa popolare per ridurre le spese della politica; o ancora l’apertura dell’inchiesta per il presunto uso irregolare dei voli di Stato a pochi giorni dal voto per il Parlamento di Bruxelles: un’accusa archiviata a urne chiuse.
Sabato il presidente del Consiglio aveva denunciato l’esistenza di un complotto per mandarlo a casa e sostituirlo con una figura non eletta dal popolo. Un «piano eversivo», una manovra articolata, concentrica, nella quale le sfiatate truppe del centrosinistra mandano avanti la cavalleria giudiziaria e i guastatori delle «iene dattilografe» secondo una collaudata tattica di guerriglia. Siamo alla vigilia del viaggio a Washington e dell’incontro con il presidente americano Barack Obama, il primo faccia a faccia ufficiale con il nuovo inquilino della Casa Bianca: una tappa fondamentale nella marcia di avvicinamento al G8 dell’Aquila e un’occasione per la quale i partiti di opposizione pregustano incidenti, scivolate, figuracce. Invece va tutto a meraviglia, il vertice Stati Uniti-Italia è un successo politico e personale ottenuto in un clima amichevole. Il silenzio della sinistra che accompagna il rientro di Berlusconi lo conferma più di mille editoriali.
Al buon esito dei colloqui americani si affianca l’archiviazione dell’inchiesta sui voli di Stato. La pressione extra-politica sul premier sembra allentarsi. Ma c’è chi sa che sotto sotto non è così. Massimo D’Alema si fa intervistare in tv da Lucia Annunziata e, tra ammiccamenti e sorrisini, avverte la sinistra a tenersi pronta in vista di «scosse» imprevedibili che potrebbero terremotare Berlusconi, «animato dal pericoloso mito dell’eterna giovinezza».
Da dove arrivano queste doti divinatorie da chiaroveggente? Se lo chiedono tutti, e se ne fa interprete il ministro Raffaele Fitto, pugliese, il quale si domanda se le fonti si trovino «in ambienti baresi in cui D’Alema ha improvvisamente (ma provvidenzialmente anche per lui) garantito più di una carriera politica a chi faceva tutt’altro mestiere». Il riferimento è a due ex magistrati: Michele Emiliano, sindaco ds di Bari che domenica affronta il ballottaggio, e Alberto Maritati, sottosegretario nei governi di Prodi e dello stesso D’Alema. Entrambi aprirono fascicoli che sfiorarono l’ex capo del governo: il primo indagò sugli sprechi della Missione Arcobaleno in Albania voluta dall’allora premier, il secondo su contributi illeciti a vari partiti.
Ed ecco che proprio da Bari arriva lo scandalo servito ieri dal Corriere. Succede che la procura indaghi su appalti nella sanità, presunte tangenti per la fornitura di attrezzature ospedaliere. Sotto inchiesta è la Tecno Hospital srl di proprietà (fino al novembre 2008) dei fratelli Giampaolo e Claudio Tarantini, che vengono intercettati. Tra le mille chiacchiere Giampaolo fa riferimento a soldi versati a ragazze per partecipare a feste nelle abitazioni di Berlusconi. Millanteria? Induzione alla prostituzione? Il Corriere puntualizza che «gli accertamenti sono agli inizi» (alcune ragazze sono state ascoltate a palazzo di giustizia), ma i lettori tirano in fretta le conclusioni.
Una di queste ragazze, Patrizia D’Addario, una bionda vistosa, si offre al quotidiano di via Solferino. Racconta di essere stata invitata a Palazzo Grazioli a ottobre da Giampaolo (il cognome Tarantini non appare), di aver chiesto duemila euro per il disturbo, di aver partecipato con altre giovani a una festa dove il premier avrebbe cantato, raccontato barzellette, mostrato il video dell’incontro con Bush e ascoltato dalla di lei bocca un progetto che alla fanciulla sta tanto a cuore: costruire un residence su un terreno di famiglia. Al rientro in albergo l’accompagnatore scuce soltanto mille euro: per l’altra metà avrebbe dovuto fermarsi là. Ma il tirchiaccio non sa chi ha di fronte, perché Patrizia rivela di aver registrato la serata. «In passato ho avuto problemi seri con un uomo e da allora quando vado a incontri importanti porto il registratore sempre con me», spiega. Altro che la diciottenne di Casoria affezionata assai a «papi Silvio». La D’Addario è una vera professionista.
La sera dell’elezione di Obama la signorina accetta di rimettere piede a Palazzo Grazioli per un nobilissimo scopo: strappare al premier garanzie per il progetto edilizio. «Ma lui non ha mantenuto i patti anche se sapevano che avevo le prove dei miei viaggi», s’inalbera lei. Dopo qualche tempo il solito Giampaolo le avrebbe chiesto il curriculum in vista di una candidatura alle europee con il Pdl, ma dopo lo «scandalo delle veline» le rimane soltanto il posto in una lista per le comunali legata al centrodestra, «La Puglia prima di tutto». La campagna elettorale è funestata da un furto in casa sua: cd, computer, vestiti, persino biancheria intima. «Ma ho continuato finché Berlusconi è arrivato a Bari e gli uomini della sicurezza mi hanno impedito di entrare nella sala in cui parlava».
Fin qui Patrizia D’Addario, un racconto che sconfina nel ricatto.

Come ha conosciuto Tarantini? Perché era invitata alle feste? Come è sfuggita ai controlli a Palazzo Grazioli? Perché ha parlato proprio ora? Chi ha ascoltato le registrazioni? Come mai una delicatissima inchiesta appena agli inizi - e di cui i legali di Tarantini nulla sanno - approda immediatamente sui giornali? Il Corriere ha forse aspettato il rientro di Berlusconi da Washington per consumare la vendetta postuma sul concorrente che cavalcò il caso Noemi? E chi ha donato a D’Alema tanta preveggenza?

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