Mille televisioni e radio senza luce, al buio, spente. È quanto potrebbe succedere se Enel, Acea, A2a, solo per citare i gestori elettrici più importanti, applicassero ai media le proprie procedure nei confronti dei privati morosi. I gestori vantano infatti da tempo crediti milionari, che crescono ogni anno di più. Avrebbero dunque potuto tagliare i fili, bloccare lerogazione dellenergia elettrica. Ma andiamo per ordine.
Tutte le principali televisioni e radio italiane (con lesclusione di Mediaset e Rai) grazie alla legge 67 del 1987 (esattamente grazie allarticolo 11) pagano lelettricità con uno sconto del 50 per cento. Laltra metà è spalmata sulla fiscalità generale e nello specifico del bilancio della presidenza del Consiglio. Ma la procedura è indiretta: la radio o la tv pagano al gestore il 50 per cento del dovuto. Il resto è a carico di Palazzo Chigi. Che non paga. Si calcola che per la sola Enel siano maturati crediti per più di 60 milioni di euro. Una bella cifretta davvero. E sembra trovarsi in un cul de sac. La presidenza del consiglio infatti non riesce ad evadere le richieste di rimborso per il mancato accantonamento da parte del Tesoro. Si procede così con il passo di lumaca, con rimborsi che non superano il milione di euro lanno.
La Finanziaria dellanno scorso ha cambiato le carte in tavola, e ha disposto che i rimborsi alle emittenti radiofoniche relativi ai costi dellenergia vengano corrisposti direttamente dallo Stato e non più dai gestori-distributori. Leventuale danno, e il grande rischio, passerebbe così dalle spalle di Enel, Acea et similia alle emittenti. Ma queste possono per il momento dormire sonni tranquilli: la presidenza del Consiglio non ha mai emanato le relative norme attuative.
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