Palermo-Milano, l’Italia scopre il Giro perfetto

Percorso disegnato benissimo. Stonano solo i proclami antidoping: «Sarà una svolta epocale»

da Milano

Il Giro perfetto. Più che un Giro, sembra un cerchio: l'armonia assoluta, senza uno spigolo. E siccome i giudizi vanno supportati da argomentazioni, passiamo subito a descrivere il capolavoro.
Come sempre, davanti a un'opera d'arte, non si sa da che parte cominciare. Forse conviene seguire il filo logico che seguiranno i corridori, dal 10 maggio al primo giugno. Da Palermo a Milano. Questo per dire già qualcosa: basta con i Giri d'Italia che toccano solo un angolo della penisola, o che addirittura sconfinano all'estero. Il Giro d'Italia deve visitare l'Italia, rovistare l'Italia, smascherare l'Italia. Umanamente non si può arrivare dappertutto, servirebbero sei mesi di corsa: ma nel 2008 è un bel Girovagare.
Diciamolo: l'inizio perfetto deve stare al Sud. E difatti da lì si partirà. Dallo sprofondo giallo e soleggiato di Sicilia. Grande l'esordio con la spettacolare cronosquadre. Quindi, la lenta risalita, tra volate polverose e tappe inganno, prima del rimbalzo dall'Adriatico al Tirreno, poi dal Tirreno all'Adriatico, per la prima cronometro di 36 chilometri, da Pesaro a Urbino. Poi ancora su, nel nervosismo delle impennate appenniniche, tra Marche ed Emilia-Romagna, dove tante volte una furba imboscata ha segnato la classifica.
Infine, l'ultima settimana, sempre viaggiando nella perfezione. Agli amanti delle sensazioni estreme consiglio il week-end lungo da sabato 24 a lunedì 26. Tre tappe furibonde, terrificanti, crudeli. Per dare un'idea: la domenica, da Arabba si sale alla Marmolada, passando per quei comodissimi valichi che rispondono al nome di Pordoi, San Pellegrino, Giau, Falzarego, con la novità storica dell'arrivo al Fedaia: cioè una vera carognata per chi pedala e un'imperdibile sciccheria per chi sta a guardare. Il giorno dopo, caso mai qualcuno pensasse di rilassarsi, la tramvata della cronoscalata da San Vigilio di Marebbe a Plan de Corones, con vista sulla val Pusteria: cartolina dalla vetta del Giro.
È già molto. Ma sia chiara una cosa: per essere perfetto, un Giro non può nemmeno pensare di scansare il Mortirolo. Il Giro perfetto deve inchinarsi ai suoi piedi, pagare l'ossequioso omaggio e quindi buttarsi verso Milano con tutti i crismi della nobile investitura. Così sarà, in un ultimo week-end grandi firme. Sabato Gavia e Mortirolo. E domenica basta con le bicchierate da passerella finale, sotto invece con un impegno serio, l'ultimissima sfida diretta, tutti contro tutti, in una cronometro che potrebbe persino dire la parola decisiva, probabilmente a favore di un regolarista vero, magari Cunego, magari Savoldelli, magari ancora Di Luca.
Può bastare? Può bastare. L'estasi rosa è assicurata. Il Giotto che firma l'affresco, il patron Angelo Zomegnan, si spinge a dire che sarà anche il Giro «della svolta epocale». Il patron parla ovviamente del rigore morale e della tolleranza zero contro il simpatico fenomeno doping, che ha tranquillamente sbrindellato gli ultimi otto-dieci anni del ciclismo. Aggiunge, sempre Angiotto Zomegnan, che quanto prima comunicherà i nomi degli invitati al suo Giro perfetto, tutta gente al di sopra di ogni sospetto, grazie al nuovo passaporto biologico (pensa come siamo messi: un passaporto sul quale non ci sono nazionalità e dati anagrafici per espatriare, ma tassi ematici e valori urinari per correre).
Permette, il patron? Già sentita. Questa della "svolta epocale", è già sentita e risentita. Ad ogni presentazione: di Giro, di Tour, di Vuelta. Parola d'ordine, puntuale come le tasse: il Giro della svolta, il Tour della svolta, la Vuelta della svolta. Poi sappiamo come finisce. Se permette, allora, stavolta facciamo così: prima lo vediamo, "il Giro della svolta". Poi se ne riparla.
P.S.: solo un consiglio, al patron. Della sua determinazione contro il doping, della svolta epocale, avverta anche la Rai.

Così, tanto per evitare il grottesco della presentazione: mentre lui lancia parole come pietre contro il ciclismo dell'ultima epoca, i simpaticoni della tv di Stato lanciano un lungo e commosso omaggio a Pantani, in cui praticamente si dice che senza il Pirata non è più ciclismo. Cos'è, uno spot?

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