Continua a far discutere (anche all'interno del Governo) la sentenza della Cassazione, per la quale non costituirà reato la coltivazione di cannabis in casa per uso personale. Tra chi ritiene giusta la sentenza e chi, come l'opposizione ne denuncia la gravità.
Oggi ad intervenire sulla vicenda è Tommaso Dimarco, direttore dell'Uoc Dipendenze patologiche dell'Azienda sanitaria provinciale di Palermo. "Posso comprendere i motivi di allarme, soprattutto tra i genitori - spiega Domarco -. Lo sono anche io e so quanto l'uso dei cannabinoidi possa essere dirompente. Dire che l'utilizzo di queste sostanze sia innocuo è una stupidaggine, al contrario possono anticipare l'insorgenza di altre patologie latenti. Credo sia necessario, però, attendere le motivazioni della sentenza, che non sono ancora state depositate, e, soprattutto, comprendere quali siano i paletti imposti prima di lanciarsi in commenti che di scientifico hanno ben poco".
Per il medico che da quasi 30 anni si occupa di dipendenze da droghe ma non solo, occorre, però, ricordare che "questa sentenza non si rivolge ai tossicodipendenti e che tra un consumo sporadico di tali sostanze e una vera e propria dipendenza c'è molta strada. Credo, al contrario, che il pronunciamento della Cassazione sia una risposta alle persone che soffrono e che da un uso terapeutico di tali sostanze possono trarre un qualche giovamento".
Il Moige, il Movimento italiano genitori, lancia, però, l'allarme per il "messaggio devastante" che potrebbe arrivare ai giovani. "Con la legalizzazione della coltivazione domestica si avrà certamente un aumento dei consumi e un calo di percezione della pericolosità di questa droga", dice. La sentenza della Cassazione rischia davvero di incentivare l'uso dei cannabinoidi? "Per dirlo ci vorrebbe la bacchetta magica - aggiunge Dimarco -, anche se le esperienze degli altri Paesi sembrano escluderlo. Sicuramente assesterà un duro colpo alle speculazioni economiche di chi dallo spaccio di droga trae ingenti guadagni". Resta, però, per il dottore Dimarco un dovere morale.
"Nel valutare questo tipo di sentenze occorre mettere da parte le false ideologie - puntualizza -, per troppo tempo questo tema è stato un'arma utilizzata dalla politica per raccattare qualche voto in più. Oggi parlare di una vittoria per i tossicodipendenti significa non avere idea di cosa sia davvero il fenomeno". "Per un giudizio che si basi su evidenze scientifiche e non su propaganda ideologica - conclude il medico - è necessario attendere il deposito delle motivazione, che renderanno più chiara la sentenza e i confini della sua applicazione".
Tra le autorevoli voci che si sono levate contro la decisione presa dalla Cassazione, anche quella della Comunità di San Patrignano, impegnata da tanti anni nella lotta contro la tossicodipendenza. "Esprimiamo la nostra più viva preoccupazione - si legge in una nota della Comunità - per le eventuali conseguenze che, da questa decisione, si potrebbero riverberare negativamente sul nostro sistema sociale". Una decisione secondo la Comunità che "inciderà negativamente sull'educazione dei minori che cresceranno, sempre di più, nella convinzione che l'utilizzo di cannabis sia innocuo e socialmente condiviso".
I dati sull'uso di cannabis da parte dei giovani
Ieri è arrivata anche la denuncia del Centro studi Livatino. "I dati sulla diffusione della droga, in particolare la cannabis, sono allarmanti, eppure c'è una dissociazione dalla realtà da parte delle istituzioni preoccupante". Denuncia il Centro all'indomani della decisione della Cassazione. "A inizio dicembre, - ricorda il Centro studi - il Dipartimento per le politiche antidroga della presidenza del Consiglio ha diffuso la sua annuale relazione al Parlamento, utilizzando i dati relativi al 2018, da cui emerge che un terzo degli studenti italiani, pari a 870.000 ragazzi circa, ha fatto uso di almeno una sostanza drogante durante la propria vita; un quarto, pari a 660.000 studenti, ne ha fatto uso nel solo 2018; gli stupefacenti più diffusi sono i derivanti della cannabis, che sono il 96% delle sostanze sequestrate; la quantità di piante di cannabis sequestrata è cresciuta in un anno del 93,9%; aumentano i ricoveri ospedalieri droga-correlati (+14%), le infrazioni alla guida per uso di droga al volante (+12%), i decessi derivanti dall'assunzione di stupefacenti (+12.8%)".
Ebbene, annota il Centro studi Livatino: "la relazione, pur diretta al Parlamento, non è stata discussa nell'Aula della Camera o del Senato né in alcuna Commissione. Pur se il dipartimento che l'ha redatta rientra nella competenza politica del presidente del Consiglio, né il premier né il Governo hanno detto una parola su di essa.
Ci sono state le risposte istituzionali, ma sono andate nella direzione opposta all'allarme che viene dai dati, dall'emendamento che ha tentato di inserire nella manovra la vendita di hashish e marijuana nei cannabis shop alla sentenza delle Sezioni unite della Cassazione del 19 dicembre, di cui ieri è stato reso noto il principio di diritto. Preoccupa una tale dissociazione dalla realtà. Essa suona ipocrita".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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