Cronaca locale

Strage via D'Amelio, tra gli indagati anche il medico di Totò Riina

I magistrati stringono il cerchio attorno alla figura di Antonino Cinà, medico personale di molti boss corleonesi, tra cui Totò Riina. Secondo l'accusa, nel 1992 il medico avrebbe avuto in consegna il papello da dare a Ciancimino

Strage via D'Amelio, tra gli indagati anche il medico di Totò Riina

Nel registro degli indagati per la strage di via D'Amelio adesso c'è anche un camicie bianco. Ventisette anni dopo la morte del giudice Paolo Borsellino, non è stata fatta ancora piena luce su quello che è a tutti gli effetti un grande mistero della prima Repubblica. Il gip del Tribunale di Caltanissetta, Valentina Balbo, ha rigettato la richiesta di archiviazione, presentata dalla procura di Caltanissetta, e risulta iscritto sul registro degli indagati il dottore Antonino Cinà, accusato di strage aggravata dall'aver favorito Cosa nostra. Cinà, medico personale del superboss Totò Rina, ma anche di Leoluca Bagarella e Bernardo Provenzano era il dottore della mafia, quello che curava personalmente gli uomini d'onore ed era sempre Cinà a conoscere i segreti più intimi delle famiglie mafiose.

Secondo la ricostruzione dei giudici, sarebbe stato il medico a prendere in consegna il papello scritto dal Capo dei capi, con le condizioni necessarie per fermare la stagione delle stragi del '92 e del '93. Il cosiddetto papello fu successivamente consegnato all'ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino, che nell'estate del 1992 aveva cominciato ad intrattenere un dialogo segreto con alcuni carabinieri del Ros. Cinà è stato già condannato a 12 anni nella trattativa Stato-mafia, la stessa condanna hanno avuto gli ex ufficiali Mario Mori e Antonio Subranni, protagonisti con l’allora capitano Giuseppe De Donno (8 anni) degli incontri con Ciancimino.

Una vicenda che ha molti lati oscuri ma che racconta tanto di quel periodo stragista. I giudici, che stanno seguendo tutte le fasi processuali della trattativa, hanno ipotizzato che Borsellino sia stato ucciso perché aveva scoperto il dialogo segreto fra un pezzo dello Stato e i vertici di Cosa nostra. Cinà, ne sono convinti i magistrati, conosce il segreto della Trattativa. "Il fatto che Cinà sia coinvolto nella Trattativa - ha spiegato il procuratore aggiunto di Caltanissetta, Gabriele Paci - non è una prova per poter stabilire che sia anche coinvolto nella strage di via d'Amelio. Un conto è il suo coinvolgimento nella Trattativa e un'altra cosa è dire che abbia preso parte all'attentato".

L'uomo da anni è detenuto al carcere duro, con una condanna all’ergastolo, in quanto ritenuto mandante dell’omicidio di un giovane capomafia palermitano non rispettoso delle regole dell'organizzazione. "Fra le parti citate all'udienza del 28 ottobre - spiega Fabio Repici, legale di fiducia di Salvatore Borsellino, parte civile nei processi sulle stragi - ci sono anche coloro che sono tornati in libertà dopo il processo di revisione". Su questo aspetto il procuratore Paci chiarisce e ammette subito che si è trattato solo di un errore della cancelleria del gip.

"Le parti offese - afferma il procuratore aggiunto - sono i familiari del giudice Borsellino e quelli degli agenti della scorta".

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