In palestra ci vuole spirito

Non solo muscoli, oggi al movimento si abbina la filosofia. Così al posto dei pesi compare l'abbraccio o lo yoga della risata E in Umbria un prete fa mettere i fedeli in tuta e li guida in corsi di meditazione

In palestra ci vuole spirito

È finita l'epoca dei fisici super muscolosi, del palestrato a tutti i costi e dei pettorali tirati a lucido. Dal fitness la gente cerca altro. Cerca la spiritualità. Resta assodato il principio per cui senza un po' di fatica non si va da nessuna parte. E lo ha capito la stessa popstar Madonna che, come slogan delle palestre appena aperte in Italia, ha usato il concetto di «Harder is better» (più difficile è, meglio è). Ma allo sforzo fisico, al classico allenamento, oggi si punta ad abbinare anche un percorso dell'anima. Altrettanto faticoso. Il denominatore comune è «buttar fuori»: assieme al sudore anche le insicurezze, assieme alle calorie anche i blocchi psicologici. A quanto pare, ne abbiamo un gran bisogno. Due numeri per dare l'idea del fenomeno: in dieci anni i frequentatori dello Yoga Festival, la manifestazione che racconta tutte le novità del settore, sono passati da 600 a seimila. E il business della «palestra dello spirito» si aggira attorno ai dieci miliardi di dollari in tutto il mondo.

Muoversi a colpi di zen

Ma mescolare attività fisica e meditazione non è una moda - o almeno, non solo - è un'esigenza. Una cura anti stress. Un modo per ritrovare la fiducia in se stessi e per comunicare meglio con gli altri. «Abbiamo passato gli anni dell'edonismo fine a se stesso, andiamo oltre all'aspetto fisico - dice Giulia Borioli, organizzatrice di Olis, il festival delle discipline olistiche, e dello Yoga Festival -. Finalmente stiamo capendo che corpo, mente e spirito vanno curati assieme. La palestra da sola non basta a far star bene una persona. Andiamo oltre il bello, andiamo sotto la superficie». E allora ecco che spopolano i nuovi corsi che abbinano pratiche orientali a movimento aerobico. In giro si trova di tutto: dalle versioni del «pilates meditato» da palestra alle più approfondite terapie nei centri specializzati. Lo spinning si fa su un sottofondo di profumi e di incensi che aiutano a staccare la spina dalla giornata. E la guida diventa una sorta di guru che, pedalando, con la voce conduce in un percorso di approfondimento interiore. Lo stretching muscolare si fa in versione zen, l'aerobica lascia il posto alla biodanza che insegna ad abbandonare il proprio corpo all'anima, seguendo i movimenti dello spirito per interagire in modo nuovo con lo spazio e le persone. La «bioenergetica» invece allena a camminare a occhi chiusi e a piedi nudi, a braccetto di un perfetto sconosciuto: con movimenti leggeri e accessibili a tutti si impara a condividere con l'altro, a fidarsi, a interagire. La meditazione dinamica insegna a scalciare e urlare per liberarsi dei blocchi interiori: utilizza lo sforzo fisico, portandolo anche all'eccesso, per pulire la mente. Il piyo abbina yoga e pilates per tonificare i muscoli e per rilassare la mente.E poi c'è uno dei corsi più belli: lo yoga della risata. Ci si trova in gruppo e si comincia a ridere, tutto qui. «È stato un medico indiano, Madane Kataria a scoprire i poteri della risata - spiega Giulia Borioli -. La utilizzava per far respirare meglio i suoi pazienti. Ridere ti costringe ad aprire il diaframma. E ridere in gruppo agevola le relazioni, l'empatia. Insomma, dà benessere».

Fede e fatica

I nuovi corsi aiutano a respirare (noi, che di solito stiamo in apnea senza rendercene conto), aiutano a concentrarsi sul singolo luogo e momento (anziché saltare con la mente da un pensiero all'altro), a scaricare le tensioni e ritrovare un po' di pace con se stessi. Cambia la filosofia che sta dietro l'allenamento: non si sollevano più pesi, semmai si abbracciano le persone. «Non sottovalutiamo il potere dell'abbraccio - spiegano gli esperti - soprattutto quando è un atto gratuito. Stimola le endorfine, che aiutano a sentirsi bene». Un altro dei punti di forza del nuovo fitness è l'immaginazione. Si immagina di avere in mano un enorme pallone, si immagina di camminare in un prato o di essere sdraiati su una spiaggia. E, calati in una dimensione onirica in cui ci si trova a proprio agio, si cominciano gli esercizi. Accade durante le lezioni di Tai Chi, dove si simulano le mosse di una lotta antica contro un avversario immaginario. E si crea una danza armonica, leggera, liberatoria.È chiaro che nessuna disciplina sia un'invenzione moderna. Tutto ha origini lontane. Se gli insegnamenti principali per le discipline «mistiche» arrivano dall'Oriente, non è detto che non si possano conciliare con altre fedi. Cattolicesimo compreso. Le vie del fitness sono infinite e le declinazioni seguite anche, in base ai Paesi e alle religioni. Alla base di tutte però c'è un principio: elevare l'anima attraverso il movimento del corpo.In America parecchi pastori propongono ai fedeli esercizi fisici e spirituali: li fanno alzare dagli inginocchiatoi e li mettono in cerchio per una specie di preghiera dinamica. E anche in Italia c'è chi si avvicina alla preghiera-yoga. Padre Antonio Maria Gentili, che dirige il convento dei santi Giovanni e Pietro di Campello sul Clitunno (Perugia), parte da un presupposto: «Lo yoga non è una religione, ma nemmeno vi si oppone». Insomma, aiuta a pregare meglio, con più profondità, è una specie di veicolo. Per questo chiede ai credenti di indossare la tuta da ginnastica e li guida in corsi di meditazione attiva e preghiera cristiana. Non a caso padre Gentili ricorda l'origine della parola religione che, appunto, significa legame col divino.

Mens sana...

Del resto in passato anche i monaci dell'Oriente cristiano invocavano il nome di Gesù scandendolo tipo un mantra e seguendo il ritmo respiratorio. E fu lo stesso monaco francese Jean-Marie Déchanet, morto nel 1992, a praticare lo yoga cristiano. In Gran Bretagna, Australia, Canada e Usa sta prendendo piede il kosher fitness, esercizi fisici e spirituali ispirati alla Kabbalah ebraica. E cominciano a incuriosire anche i corsi di danze dervisce (per la verità un po' di nicchia), che si ispirano liberamente alle pratiche delle confraternite di monaci tibetani: i danzatori ruotano su se stessi con ampie vesti a campana in una coreografia sempre uguale. In questo modo conducono l'anima all'estasi, fino a ricongiungersi col divino. Pratiche antiche, ora modernizzate, molto spesso snaturate, ma comunque utili a cominciare un percorso interiore che trasforma l'abbonamento in palestra in una sorta di terapia.

Senza cercare solo la potenza, la linea fisica e l'adrenalina, ma mettendo in pratica il concetto di «mens sana in corpore sano» che, a i tempi, Giovenale cercò di spiegare ma che molte palestre finora hanno usato come mero slogan senza capirne il reale significato. Oggi, stando bene attenti alle trappole di chi propone corso solo per seguire la moda, si può trovare realmente la chiave di sé.

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