Palline e tazzine sull'erba Il nuovo gusto di Londra ha anche il sapore di caffè

Tra kilt, auto e cappelli ora c'è un simbolo italiano Marco Lavazza: «Noi partner di Wimbledon da 9 anni: il consumo dell'espresso è quadruplicato»

Marco Lombardo

L'eleganza del caffè nel tempio del tennis più britannico che c'è. Lavazza e Wimbledon insomma, legate dalla tradizione che è la caratteristica comune di due simboli. E Marco Lavazza, vicepresidente del gruppo torinese, celebra con soddisfazione la lunga alleanza che ha portato le caffetterie di Church Road a profumare di Italia. Palline e tazzine, per il massimo della qualità.

Dicevamo della tradizione...

«È la parte che più ci rappresenta. E riguardo a Wimbledon è anche la più divertente».

In che senso?

«Beh: da quando nove anni fa è cominciata la partnership, il consumo di caffè a Londra è quadruplicato. E soprattutto la percezione del brand Lavazza è cambiata radicalmente. È stato un lavoro lungo: per certe cose ci vuole tempo e costanza».

Un lavoro che vi ha portato ad essere il caffè ufficiale di tutto e quattro i tornei dello Slam.

«Le dirò di più: siamo l'unico brand del food ad avere questo primato».

Qual è il torneo che vi dà più soddisfazione?

«In realtà in tutte le realtà così diverse siamo riusciti a imporre il gusto italiano».

Espresso dappertutto, dunque.

«Hanno imparato ad apprezzarlo. Poi è ovvio: in Australia si gioca al caldo, per cui serve anche qualcosa di fresco. Idem a New York. Diciamo che Parigi e Wimbledon sono i tornei più affini al nostro quotidiano».

Torniamo al rapporto tra caffè italiano e stile british. Come si coniugano?

«C'è un fattore determinante che ormai ci accomuna, ed è il design. Anche quello del caffè».

Cioè anche il gusto ha una forma?

«In pratica sì. C'è ovviamente il design delle nostre macchine e delle confezioni. Ma l'eleganza è anche quella che si sente al palato. È un po' il lavoro che facciamo anche nel campo dell'arte».

Si chiama cultura.

«Certo. Lo provano anche le nostre collaborazioni con il Guggenheim di New York e di Venezia. E i 20 anni del nostro calendario, advertising puro affidato alle grandi firme della fotografia. Quest'anno sarà di nuovo firmato da Lachappelle».

Cosa avete imparato da Wimbledon?

«Senza falsa modestia? Che siamo bravi...».

In che senso?

«Noi sabaudi lavoriamo un po' sottovoce e con regole ferree. Non è stato facile lasciarci andare. Ma alla fine sono stati loro a chiederci di rimanere: una grande soddisfazione».

Un esempio.

«Per l'Italia: si può osare. Così siamo anche diventati il caffè ufficiale delle corse di Ascot e del ristoro di Liverpool e Arsenal».

A tutto sport.

«Ci rappresenta. E il tennis più di tutti. Esalta anche la nostra anima sostenibile, che per noi è un impegno. Di caffè ne sono pieni gli scaffali, la differenza si spiegando ai consumatori quello che sei. Il nostro progetto Tierra! per esempio non può essere solo uno slogan».

Per finire: Lavazza ha battuto un record.

«Vero: nella scorsa edizione di Wimbledon abbiamo servito più di un milione di caffè».

Prossimo obbiettivo?

«Migliorarsi. Ma piccoli passi. Gliel'ho detto: sottovoce».

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