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Pane e pasta fanno lievitare l’inflazione, che vola: +2,1% 

Aperta un’inchiesta sui pastai romani. I consumatori: stangata da 400 euro. Padoa-Schioppa avvisa gli alleati: "L’emergenza sui conti non è finita, impossibile aumentare gli investimenti"

Pane e pasta fanno lievitare 
l’inflazione, che vola: +2,1% 

Roma - «Lasciate lavorare il governo, il cammino di risanamento dei conti pubblici è ancora lungo», dice Tommaso Padoa-Schioppa mentre la legge finanziaria arranca in Senato, appesantendosi di oneri ogni giorno di più. Solo quando il debito sarà sceso sotto il 100% del prodotto interno lordo, aggiunge il ministro dell’Economia alla Giornata del Risparmio, le cose diventeranno più facili; ma adesso è illusorio chiedere meno tasse, tagli di spesa, maggiori investimenti, «una moltiplicazione dei pani e dei pesci, l’illusione che lo stesso euro possa essere speso più volte, per scopi diversi».

«Tps» ne ha per tutti: per la «polifonia» di economisti e commentatori che reclama il taglio della spesa pubblica, la discesa della pressione fiscale, la riduzione del debito; per i politici - anche di maggioranza, a quanto si capisce - che rimproverano al governo d’essere impopolare e, allo stesso temo, di non saper fare scelte impopolari; per gli «spiriti deboli e gregari» che, in Parlamento, mostrano di cedere alle insidie dell’opposizione indebolendo il governo. Bisogna invece concludere la legislatura, aggiunge il ministro dell’Economia, e quando finalmente il debito pubblico tornerà sotto il 100% del Pil cesserà allora l’«anomalia italiana» - 70 miliardi di interessi l’anno da pagare per il servizio del debito - che oggi impedisce di destinare le risorse alla riduzione delle tasse, agli investimenti, a sviluppare programmi sociali ancora carenti.

«Il ministro vive sulla Luna: dovrebbe essere preoccupato del fatto che, se si sommano gli emendamenti di maggioranza alla Finanziaria, siamo ormai al ritmo di 250 milioni di maggiori spese all’ora», osserva l’economista e senatore di An Mario Baldassarri.

Ma altri motivi di preoccupazione emergono dalle cifre dell’Istat. L’inflazione, in ottobre, ha registrato una fiammata: la dinamica dei prezzi, con un aumento dello 0,4% nell’arco di un solo mese, si è portata al 2,1% rispetto all’1,7% di settembre. È il tasso d’inflazione più elevato dal settembre 2006, e per trovare un incremento mensile superiore allo 0,4% bisogna ritornare fino al maggio-giugno del 1995, oltre dodici anni fa. Alla Giornata del risparmio non si parla di caro-vita; ma che cosa è peggio dell’inflazione per erodere i risparmi delle famiglie? Il barile di petrolio ben oltre i 90 dollari fa schizzare i prezzi energetici dell’1,1% in un solo mese (+2,9 sull’ottobre 2006). In un anno il prezzo della benzina è cresciuto del 8,9%, quello del gasolio auto del 7,2%.

L’inflazione colpisce la borsa della spesa, i generi essenziali: il prezzo del pane cresce del 10%, quello della pasta del 6,5%; il latte aumenta del 5,3%, il pollame del 7,3%, la frutta del 5,4%. I prezzi del vino, aggiunge la Coldiretti, aumentano del 25%. La magistratura romana, sospettando pratiche di cartello fra i pastai, ha aperto un fascicolo. Le associazioni dei consumatori sono sul piede di guerra. Ogni famiglia italiana, calcolano, spenderà circa 400 euro in più all’anno a causa del rialzo dei prezzi alimentari registrato in ottobre, «una vera e propria stangata». Gli operatori economici si difendono: i rincari, spiegano Confcommercio e Confesercenti, arrivano dall’estero, dai prezzi energetici, e dai rincari dalle tariffe locali.

Nuovi rialzi d’inflazione si attendono da qui all’inizio del 2008, gli esperti non si stupirebbero di raggiungere il 2,5% nei primissimi mesi dell’anno venturo.

Il ministro dello Sviluppo, Pierluigi Bersani, si consola riflettendo sul fatto che l’Italia resta per ora al di sotto della media dell’inflazione europea (2,6% in ottobre): «Resistiamo grazie alle liberalizzazioni nelle telecomunicazioni e nei farmaci».

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