Cronache

Paolo Villaggio sta male recite a intermittenza

Paolo Villaggio sta male recite a intermittenza

Paolo Villaggio a intermittenza al Teatro della Corte. Dopo la serata della prima, mertedì scorso, l’attore genovese ha dato forfeit mercoledì e ieri sera a causa di problemi di salute e forse si ripresenterà sul palcoscenico soltanto stasera. Forse. Non si sa poi se riuscirà a recitare negli spettacoli di sabato e domenica. Nel suo spettacolo «Serata d’addio» Villaggio rilegge a modo suo Anton Cechov (Il tabacco fa male e Il canto del cigno) e Luigi Pirandello (L’uomo dal fiore in bocca) per raccontare in modo scaramantico una «Serata d’addio», appunto, strutturata in tre episodi, tutti attraversati da un’esplicita vena autobiografica. Il conferenziere si presenta al pubblico indossando un frac molto elegante. Dice di essere un ex tabagista e spiega quali sono i danni del fumo. Il fumo uccide inizia come una conferenza molto seria, prosegue come un discorso fatto solo per sviare la sorveglianza della terribile moglie dietro le quinte e si conclude con l’attore che scende in platea a pietire dagli spettatori una sigaretta o un sorso di whisky canadese. Nel seguente «Una vita all’asta», Villaggio indossa ormai solo lo sparato del frac e siede su una grande poltrona di cuoio, quella sulla quale aveva recitato L’avaro di Molière. Un banditore sta mettendo all’asta i mobili, gli oggetti e i costumi di scena della sua carriera teatrale, e lui evoca via via gli episodi della propria vita a questi legati. La conclusione dello spettacolo è « L’ultima fidanzata». Vestito ora in modo molto dimesso, Villaggio siede su una panchina all’uscita della metropolitana e si rivolge al pubblico in sala, chiedendo di essere confortato perché un suo amico medico gli ha appena diagnosticato una brutta malattia. È l’occasione per esprimere paura e rabbia nei confronti della fine, per interrogarsi sull’immortalità dell’anima, per ricordare gli amori giovanili.

Senza ovviamente mai dimenticare che un comico può sempre ridere, e far ridere, anche «della paura più grande che ha un uomo: quella della morte».

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