Andrea Tornielli
da Roma
Benedetto XVI ha invitato a Castelgandolfo i rappresentanti delle comunità musulmane presenti in Italia e gli ambasciatori dei Paesi a maggioranza islamica accreditati presso la Santa Sede. L’incontro, al quale parteciperà anche il cardinale Paul Poupard, presidente del pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, è previsto per lunedì mattina.
È un passo importante sulla via della distensione, con il quale il Papa e i suoi collaboratori vogliono andare oltre le parole già pronunciate domenica e mercoledì scorso da Benedetto XVI per spiegare l’autentico significato del discorso di Ratisbona. Vogliono prendere l’iniziativa, anche a seguito dei colloqui che ci sono stati in questi giorni.
«Lunedì 25 settembre alle 11,45 - ha dichiarato ieri la Sala stampa vaticana - il Santo Padre riceverà a Castelgandolfo il cardinale Paul Poupard ed alcuni esponenti delle comunità musulmane in Italia. All’incontro sono stati invitati anche gli Ambasciatori dei Paesi a maggioranza musulmana accreditati presso la Santa Sede». Da quanto si apprende nei sacri palazzi l’idea è maturata quattro giorni fa: inizialmente il Vaticano aveva pensato a un incontro limitato agli ambasciatori. Ma le comunità musulmane presenti nella Consulta islamica del ministero degli Interni, attraverso un loro canale, hanno fatto sapere che avrebbero gradito essere coinvolti. Così l’incontro inizialmente pensato come diplomatico si è trasformato e nel comunicato vaticano il primo posto è attribuito agli esponenti delle comunità islamiche. Sarà inoltre presente anche un rappresentante del Centro culturale islamico di Roma.
Soddisfazione è stata espressa da Hamza Piccardo, dell’Ucooi, che ha voluto sottolineare l’estraneità del suo gruppo alle proteste di questi giorni. «L’incontro metterà la parola fine a una vicenda nata da quattro parole estrapolate da un discorso che diceva ben altro», ha commentato Mario Scialoja, rappresentante in Italia della Lega Musulmana Mondiale, mentre Sergio Yahe Pallavicini, vicepresidente del Coreis, ha detto che l’iniziativa «è un’importante dimostrazione della sensibilità da parte del Pontefice, che ha un valore simbolico e spirituale di grande impatto, anche in considerazione delle reazioni inconsulte e delle interpretazioni sbagliate».
Cominciano intanto ad arrivare le prime adesioni anche da parte degli ambasciatori. Ci saranno con certezza l’ambasciatore d’Egitto, la signora Nvin Semeka, quello indonesiano Bambang Prytno, quello iracheno Albert Yelda e quello turco, Osman Durak. L’Iran sarà rappresentato dall’incaricato d’affari Ahmad Fahima (l’ambasciatore si trova attualmente a Teheran). Lo stesso vale per la Libia, che al momento non ha ancora nominato il nuovo ambasciatore.
Reazioni positive verso quello che viene definito «un primo passo» arrivano dalle autorità islamiche turche, mentre sono da segnalare ancora numerose manifestazioni di protesta. In Afghanistan, dove alcuni leader musulmani hanno paragonato Papa Ratzinger a «Hitler, Lenin e Bush», e in Egitto, dove duemila persone hanno inscenato una dimostrazione all’interno della moschea di al Azhar al Cairo, chiedendo la rottura dei rapporti diplomatici tra il governo egiziano e la Santa Sede.
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