Politica

Il Papa: «No all’uomo sacrificato alla scienza»

Andrea Tornielli

da Roma

Occorre «dire con forza» che l’uomo «non può e non deve essere mai sacrificato ai successi della scienza». Benedetto XVI è tornato ieri a parlare dei rischi che vede profilarsi all’orizzonte dell’Europa e più in generale dell’Occidente, in seguito agli sviluppi della scienza e della tecnica e ad invitare il mondo accademico a non prescindere dalla dimensione etica e religiosa. Lo ha fatto ricevendo in udienza i partecipanti al seminario promosso dalla Congregazione per l’Educazione cattolica, dedicato al «patrimonio culturale e i valori delle università europee come base per l’attrattività dello Spazio Europeo di Istruzione Superiore». Centinaia di docenti e ricercatori, provenienti da una cinquantina di università europee, si sono sentiti porre la domanda su quale sia il rapporto tra la persona umana, la scienza e la tecnica.
«Se nel diciannovesimo e ventesimo secolo – ha detto il Papa – la tecnica ha conosciuto una crescita stupefacente, all’inizio del ventunesimo secolo ulteriori passi sono stati fatti: lo sviluppo tecnologico ha preso in carico, grazie all’informatica, una parte anche delle nostre attività mentali, con conseguenze che coinvolgono il nostro modo di pensare e possono condizionare la nostra stessa libertà». «Occorre dire con forza – ha aggiunto Benedetto XVI – che l’essere umano non può e non deve essere mai sacrificato ai successi della scienza e della tecnica: ecco perché appare in tutta la sua importanza la cosiddetta questione antropologica, che per noi, eredi della tradizione umanistica fondata su valori cristiani, va affrontata alla luce dei principi ispiratori della nostra civiltà, che hanno trovato nelle università europee autentici laboratori di ricerca e di approfondimento».
Papa Ratzinger, nel suo discorso, ha anche ricordato quali siano le «sfide culturali» che l’Europa si trova ad affrontare oggi, «essendo impegnata nella riscoperta della propria identità che non è solo di ordine economico e politico». «La questione fondamentale oggi, come ieri, - ha spiegato il Pontefice – resta quella antropologica. Che cos’è l’uomo? Da dove viene? Dove deve andare? Come deve andare? Si tratta cioè di chiarire quale sia la concezione dell’uomo che è alla base dei nuovi progetti». «E giustamente voi vi domandate – ha detto ancora Ratzinger – a servizio di quale uomo, di quale immagine dell’uomo, intenda essere l’Università: di un individuo arroccato nella difesa dei soli suoi interessi, di una sola prospettiva di interessi, una prospettiva materialistica, o di una persona aperta alla solidarietà con gli altri, nella ricerca del vero senso dell’esistenza che deve essere un senso comune, che trascende la singola persona?».
Benedetto XVI ha citato Giovanni Paolo II e la sua esortazione sulla Chiesa nel Vecchio Continente, per ricordare che «dalla concezione biblica dell’uomo, l’Europa ha tratto il meglio della sua cultura umanistica e ha promosso la dignità della persona, fonte di diritti inalienabili», contribuendo a «diffondere e consolidare i valori che hanno reso universale la cultura europea». Quindi ha ribadito che «l’uomo non può comprendere se stesso in modo pieno se prescinde da Dio. È questa la ragione per la quale non può essere trascurata la dimensione religiosa dell’esistenza umana nel momento in cui si pone mano alla costruzione dell’Europa del terzo millennio».
Papa Ratzinger non ha voluto opporre scienza e fede, ma ha anzi citato l’impegno costante della Chiesa verso i centri di studio e le università europee. «Al tempo di Carlo Magno – ha spiegato – con l’apporto della Chiesa furono fondate vere e proprie scuole, delle quali l’imperatore desiderava che beneficiasse il maggior numero possibile di persone. Qualche secolo dopo nacque l’università, che dalla Chiesa ricevette un impulso essenziale. Numerose Università europee, da quella di Bologna a quelle di Parigi, Cracovia, Salamanca, Colonia, Oxford e Praga, per citarne solo alcune, si svilupparono rapidamente e giocarono un ruolo importante nel consolidamento dell’identità dell’Europa e nella formazione del suo patrimonio culturale».


Anche questo intervento papale ha suscitato reazioni e commenti, come quello del segretario dei comunisti italiani, Oliviero Diliberto, che a margine di una manifestazione elettorale a Firenze ha detto: «Non vorrei che questo pontificato passasse alla storia come un pontificato analogo a quello che ha condannato Galileo Galilei».

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