Il Papa: sì al dialogo tra le fedi ma le religioni non sono uguali

Messaggio di Benedetto XVI al meeting di Sant’Egidio nel ventennale della riunione convocata da Wojtyla ad Assisi: «Dio non può che portare pace»

da Assisi

Il dialogo tra le religioni deve continuare, ma evitando «inopportune confusioni» o il rischio di «interpretazioni sincretistiche». Quando «ci si ritrova insieme a pregare per la pace» bisogna farlo «secondo quei cammini distinti» per non dare l’impressione di cedere «a quel relativismo che nega il senso stesso della verità».
Benedetto XVI, vent’anni dopo l’incontro interreligioso di Assisi promosso da Giovanni Paolo II, ricorda quella storica riunione dei leader religiosi in preghiera per la pace e coglie l’occasione per correggere interpretazioni errate di quel gesto papale. Già allora, il cardinale Ratzinger propose interventi fino all’ultimo nel discorso di Wojtyla, per evitare che l’incontro facesse passare l’idea che le religioni si equivalgono. Il Papa ha inviato il suo messaggio al meeting interreligioso che si è aperto ieri ad Assisi, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, che vede la partecipazione di delegati e leader del mondo cattolico, ebraico, islamico e buddista, e che si conclude questo pomeriggio alla presenza del presidente Napolitano.
Papa Ratzinger ha ricordato il valore dell’intuizione del suo predecessore, in un momento di grande tensione internazionale tra il blocco occidentale e quello sovietico. Lo scenario oggi è molto cambiato e dopo «un momento di generale speranza di pace» seguito alla caduta del comunismo, «il terzo millennio si è aperto con scenari di terrorismo e di violenza che - fa notare il Pontefice - non accennano a dissolversi». «Il fatto che i confronti armati - ha aggiunto - si svolgano oggi soprattutto sullo sfondo delle tensioni geo-politiche esistenti in molte regioni» può favorire l’impressione che «le stesse differenze religiose costituiscano motivi di instabilità o di minaccia» per la pace. In realtà, ha detto ancora Ratzinger citando Wojtyla, «la religione non può che essere foriera di pace» e «a nessuno è lecito assumere il motivo della differenza religiosa come prosupposto di un atteggiamento bellicoso verso altri essere umani». Benedetto XVI ha quindi spiegato che le «guerre di religione» non «possono attribuirsi alla religione in quanto tale, ma ai limiti culturali con cui essa viene vissuta e si sviluppa nel tempo», dato che «il legame esistente tra il rapporto con Dio e l’etica dell’amore si registrano in tutte le grandi tradizioni religiose».
Il Papa ha quindi posto l’accento sulla necessità di costruire la pace «nei cuori»: «Sono certo importanti le vie di ordine culturale, politico, economico. In primo luogo perà la pace va costruita nei cuori. Qui infatti si sviluppano sentimenti che possono alimentarla o, al contrario, minacciarla, indebolirla, soffocarla». Fondamentale è dunque la dimensione «verticale» del rapporto con Dio, dato che il cuore dell’uomo è il luogo degli interventi di Dio.
Infine, Benedetto XVI ricorda che «per non equivocare sul senso di quanto, nel 1986, Giovanni Paolo II volle realizzare, è importante l’attenzione che allora fu posta perché l’incontro interreligioso di preghiera non si prestasse a interpretazioni sincretistiche, fondate su una concezione relativistica».

Il Papa lo ribadisce, per «evitare inopportune confusioni»: «Perciò, anche quando ci si ritrova insieme a pregare per la pace, occorre che la preghiera si svolga secondo quei cammini distinti che sono propri delle varie religioni... La convergenza dei diversi non deve dare l’impressione di un cedimento a quel relativismo che nega il senso stesso della verità e la possibilità di attingerla».

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