Il Paradiso Terrestre? È in Anatolia

La Bibbia aveva ragione, affermava un appassionante libro degli anni Cinquanta, scritto da Keller Werner. Un libro forse troppo in fretta dimenticato. Se è vero che in questa materia bisogna procedere con i piedi di piombo, senza lasciarsi prendere da facili entusiasmi e senza cadere nell’esagerazione dei gruppi cristiani «creazionisti» che predicano la verità letterale del racconto biblico in ogni suo particolare, è altrettanto vero che recenti scoperte archeologiche sembrano confermare la cornice del racconto del Genesi e hanno portato alla luce un luogo che potrebbe essere identificato con il Paradiso terrestre, il Giardino dell’Eden. A Göbekli Tepe, nella Turchia orientale, è infatti riemerso un complesso architettonico preistorico: una collina fertile che già nell’Età della Pietra era un monumentale centro sacro dedicato al culto del serpente.
Dal 1994 Klaus Schmidt, dell’Istituto archeologico tedesco, conduce campagne di scavi sul sito. Soltanto nell’ultima stagione di scavo, però, sono emersi reperti che rafforzano l’identificazione di questa zona come il modello ispiratore del Giardino dell’Eden. Le più recenti scoperte riguardano steli scolpite raffiguranti scene di caccia e scene di vita lungo i fiumi. Colpisce, guardando la maestosità del sito, il fatto che esistesse un nucleo sociale in grado, quasi diecimila anni prima di Cristo, cioè in pieno Neolitico, di dar vita a sculture e forme architettoniche che attestano una profonda religiosità. «Si tratta – spiega Schmidt – di un esempio unico nel suo genere e può essere paragonabile a Stonehenge, anche se è ben più antico e imponente: presenta infatti colonne addirittura di cinquanta tonnellate. Questo pone tra l’altro il problema, ancora irrisolto, di come simili blocchi possano essere stati trasportati e collocati nella posizione definitiva».
Quella di Göbekli Tepe era una popolazione di cacciatori-raccoglitori, particolarmente raffinata per l’Età della Pietra, capace di praticare una primordiale agricoltura favorita dal clima temperato seguito alla glaciazione che aveva trasformato queste zone – oggi semi-desertiche – in colline verdeggianti e ricche di animali. La vita dei cacciatori-raccoglitori, grazie all’eccezionale abbondanza di risorse, era piuttosto comoda, e così questa civiltà primigenia aveva il tempo di dedicarsi alla scultura. Le prede erano soprattutto gazzelle e i cacciatori riuscivano a spingerne branchi interi nelle gole chiudendole in trappola e procurandosi così tonnellate di carne da seccare.
L’immagine del Giardino dell’Eden si sarebbe dunque depositata nella memoria culturale delle società successive divenendo un esempio concreto per il popolo d’Israele e per il narratore biblico. Forse non è un caso se i biologi dell’Istituto Max Planck di Colonia, comparando il codice genetico di 68 diversi tipi di sementi, sono arrivati a collegare il loro antico precursore, la farina di «Triticum monococcum», proprio a questa zona della Turchia. La spinta agricola, motivata dalla necessità di alimentare un numero sempre maggiore di persone, avrebbe alterato l’ecosistema del territorio e avrebbe finito per disperdere i branchi di prede per i cacciatori. La terra paradisiaca sarebbe diventata poco a poco una landa desolata.
Il culto del serpente, riscontrato nel monumentale sito religioso di Göbekli Tepe, appare come un richiamo al racconto biblico della tentazione di Adamo ed Eva. In una piccola placca ritrovata nel santuario sono scolpiti due simboli: un albero e il serpente. Altri elementi contribuiscono all’identificazione. Il luogo è pieno di corsi d’acqua, come il Paradiso terrestre della Bibbia, dato che sorge nella mezzaluna fertile fra il Tigri e l’Eufrate: «Un fiume usciva da Eden – si legge nel Genesi – per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avìla... Il secondo fiume si chiama Ghicon... Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è l’Eufrate».
Anche la descrizione che viene fatta dell’Eden, collocato in cima a una collina sacra circondata da montagne, corrisponde: dal sito si può infatti scorgere la catena montuosa del Taurus. Senza contare che a due chilometri da qui si trova la grotta che la tradizione identifica come luogo della nascita di Abramo, nella città di Urfa. Un’altra similitudine è data dal racconto biblico della creazione, quando si legge che «Dio modellò l’uomo con l’argilla e insufflò nelle sue narici il soffio vitale». A Nevali Cori, cinquanta chilometri da Göbekli Tepe, sono state trovate un gran numero di piccole figure d’argilla risalenti all’8500 avanti Cristo che offrono significative analogie con il processo descritto nell’Antico Testamento.


Fino ad oggi gli scavi hanno portato alla luce meno del dieci per cento dell’intero sito e del monumentale santuario, che oggi sorge in una polverosa collina di pietre, lontana più che mai dall’immagine lussureggiante dell’Eden. Eppure proprio questa terra, diecimila anni fa, come confermano i climatologi, doveva apparire come un grande giardino.

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