Il parcheggio non è un’opinione Ecco la formula di quello perfetto

È una sfida anche per i migliori. Per gli imbranati può trasformarsi in un incubo. La legge del parcheggio è spietata e frustrante: rende vani gli sforzi dell’automobilista più abile, fa sudare venticinque camicie all’inesperto, spesso porta a desistere chi non è ostinato almeno come un rinoceronte. E in città non dà tregua, quel posto in cui puoi entrare (forse) per un pelo è l’unico nel raggio di chilometri, quindi tentare e riuscire, o lasciare. Ora, di fronte a tante complicazioni quotidiane, un matematico si è impietosito. Si è messo a studiare numeri e raggi e misure varie e alla fine ha scovato una formula per il parcheggio perfetto, di quelli in parallelo al marciapiede.
Il professore si chiama Simon Blackburn e insegna al Royal Holloway College dell’università di Londra. Insomma un titolato, di un’istituzione prestigiosa. C’è da fidarsi della sua teoria? Oppure, come tante teorie, è destinata a rimanere sulla carta? Il rischio c’è, anche se l’interessato smentisce. Per il professore, che ha dimestichezza con radici quadrate e assi e circonferenze, questa è stata una grande occasione: «Abbiamo dimostrato che la matematica si può applicare per comprendere qualcosa che riguarda tutti. Questa formula ci dà tutti gli elementi di un parcheggio fatto bene».
Certo non è comunque un’operazione per pivellini, se non altro nei calcoli: «Se riesci a capire gli angoli e le dimensioni della tua auto, allora puoi posteggiarla in modo rapido e sicuro. Tutti hanno il problema di capire se lo spazio sia sufficiente: questa formula lo risolve». In effetti è il pensiero che assilla l’aspirante parcheggiatore: ci starò davvero?, non è che sudo per dieci minuti e alla fine non c’è abbastanza spazio?. Ora la formula risponde al dilemma. Non proprio in maniera immediata ma, calcolatrice alla mano, si può provare. Prima però bisogna impossessarsi di una serie di dati molto precisi: raggio di sterzata, distanza fra gli assi delle ruote anteriori e posteriori e fra l’asse anteriore e il muso, ampiezza dell’auto dietro alla quale si vuole parcheggiare. Suona impossibile, ma il parcheggio è faccenda complicata: non si poteva pretendere la bacchetta magica.
Una volta raccolte le informazioni comincia il bello: un’enorme radice quadrata in cui infilare potenze e sottrazioni e addizioni varie, il tutto senza perdersi nulla. Serve la calcolatrice, certo. Ma poi il risultato è quello cercato: lo spazio disponibile davvero, la risposta alla domanda cruciale, «ci sto o non ci sto?». Insomma è la soluzione: se il calcolo dice no, tanto vale smettere di sforzarsi inutilmente; se dice sì, allora si può insistere. Però con più fiducia, con la sicurezza che l’impresa può riuscire. Perché lo dice la matematica e, a quel punto, basta ricordarsi le regole della scuola guida e sterzare al momento giusto e si potrà infilare l’auto anche in uno spazio apparentemente impossibile. E magari senza nemmeno urtare le altre vetture e senza salire sul marciapiede.
Certo è tutto molto complicato, il Sunday Telegraph insinua che ben pochi riusciranno davvero a utilizzare la formula, tutte quelle lettere e radici e parentesi e potenze rischiano di creare ancora più confusione nel guidatore già spaesato e scoraggiato. Secondo un sondaggio il 57 per cento degli automobilisti britannici crede di non essere bravo a parcheggiare e il 32 per cento preferisce percorrere della strada in più o pagare il parcheggio pur di evitare manovre faticose. Uno su sette considera il parcheggio l’incubo peggiore in vista delle spese natalizie.

Tutti i numeri servono a chiarire che il parcheggio è un grosso problema. E la formula sarà forse incomprensibile e non proprio per tutte le menti, ma risponde a un principio da non trascurare: l’ultima spiaggia. Qualche volta funziona.

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