da Roma
Niente fughe, nessun precipitoso ammainabandiera. Il ritorno a casa dei nostri soldati dallIrak, dice al Senato Arturo Parisi, «avverrà entro le scadenze previste», tenendo conto «il nitido mandato ricevuto dai cittadini in occasione delle ultime elezioni». E non sarà lattentato di lunedì, afferma il ministro della Difesa, ad accelerare il ritiro: «Il rientro, che porta a compimento una missione che oggi è di pace, sarà definito sulla base di una consultazione con il governo iracheno e con le altre parti interessate. Si svolgerà nella dignità e con le modalità che massimizzino le condizioni di sicurezza di tutti i nostri militari».
Insomma, spiega Parisi davanti alle commissioni Esteri e Difesa di Palazzo Madama, nessun cedimento: «La nostra linea è immutata e i fatti dolorosi di questi giorni non possono che confermarla». Anche dopo lagguato di Nassirya, «nulla cambia rispetto ai piani di rientro che, proprio in queste ore, il governo italiano sta discutendo con gli alleati e con le autorità irachene». Niente fughe, ma nemmeno ripensamenti, perché «le priorità della politica sono segnate dal sangue e noi sappiamo che il sangue versato in Irak è troppo». E se Alessandro Pibiri è già a Ciampino, dentro una bara di legno, «lobbiettivo è di riportare casa tutti i nostri ragazzi: il grido del padre di Pibiri mi interpella personalmente». Quanto alla bomba, secondo Parisi si è trattato di «un attacco indiscriminato contro la coalizione» e non «un preciso disegno politico finalizzato a colpire il nostro contingente e quindi a condizionarne il ritiro». Lo confermano «la dinamica dei fatti, le modalità e la natura della missione e la località dove è accaduto levento».
Insoddisfatto Marcello Pera, al suo debutto come senatore semplice. «Vorrei sapere se ce ne andiamo perché compiuta la missione o la pace. E, visto che ha parlato di propositi, quali sono, dato che una parte della maggioranza vuole accelerare il ritiro e altri chiedono il rientro pure dallAfghanistan». Come ad esempio il segretario del Prc Franco Giordano, che vuole «aprire un confronto sulla nostra presenza a Kabul».
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