Parmalat, consulenze regolari La Loggia esce dall’inchiesta

Francesco Cramer

da Milano

Adesso, dopo due anni e mezzo, è arrivata la parola fine. E l’ex ministro azzurro per gli Affari regionali Enrico La Loggia tira un sospiro di sollievo: finito nel tritacarne dell’affaire Parmalat, ne è definitivamente uscito qualche giorno fa. Il Tribunale dei ministri ha archiviato l’inchiesta a suo carico per violazione delle norme sul finanziamento pubblico dei partiti. «Un teorema - il giudizio del vicepresidente di Forza Italia alla Camera - che non poteva avere diversa conclusione. È stato un grande equivoco».
Tutto nasce dalle dichiarazioni del 2004 di Calisto Tanzi, ex patron della Parmalat, affondato in un colossale crac finanziario. L’imprenditore racconta di aver contattato La Loggia per due consulenze legali. Una riguardava un parere sul succo di arance rosse di Sicilia; l’altra, un altro parere su un contenzioso che aveva a che fare con il latte microfiltrato. La Loggia conferma: «Tanzi mi disse che aveva bisogno di un buon civilista di Diritto comunitario; mi chiese se potevo fare io stesso le consulenze. Risposi di no, che mi pareva poco elegante le facessi io. E gli indicai lo studio Amenta, vecchio amico e ottimo professionista». Le prestazioni legali furono effettivamente realizzate e le parcelle correttamente corrisposte dal gruppo di Collecchio. Da qui parte la tesi dei Pm della Procura di Parma: attraverso quelle consulenze sono arrivati soldi nelle casse del partito. «Ora - ammette sorridendo La Loggia - a chi mi chiede un ragguaglio non segnalo neppure un ristorante o un albergo». Adesso è tutto chiaro: nessun reato. Ma qualche anno fa... La procura che avanza il sospetto, il nome dell’ex ministro sulle prime pagine dei giornali, le carte che passano in mano al tribunale dei ministri di Palermo competente all’indagine. E gli interrogatori, i dubbi, le ombre. La Loggia non ha mai alzato la voce. Certo, ha proclamato a più riprese la sua innocenza, specificando però di «aver fiducia nella magistratura e di aspettare con ansia le inevitabili conclusioni dell’inchiesta».
Oggi si dichiara paradossalmente «fortunato». «Perché in tempi relativamente brevi s’è fatta luce sul mio caso. Per altri rimangono ombre, sospetti che magari non hanno ragione di essere». Certo, resta il rammarico per la sproporzione mediatica nel trattare questi argomenti: «Quando scoppia il caso si finisce in prima pagina, con titoli a sette colonne.

Quando poi l’inchiesta finisce in nulla si guadagnano, se va bene, un paio di righe a pagina 15...». Ma anche in questo caso, nessuna accusa al sistema da parte dell’onorevole azzurro: «Non voglio fare la vittima. Capisco che funziona così ma sarebbe auspicabile un maggior equilibrio nel dare le notizie».

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