Le parole del pontefice dalla Baviera una bacchettata ai cattolici dell’Unione

La libertà è un valore cristiano «ma separato dalle sue radici morali si deforma». Riferimenti anche a embrione e unioni gay

Il Papa ha ripetuto in Baviera che «il fatto sociale e il Vangelo sono inscindibili fra loro», e che quando i politici cattolici preferiscono il potere ai principi, nasce «un potere che non sarà mai capace di raggiungere il diritto» e anzi «allontana dall’impegno comune per la giustizia». Partendo da Roma per la Germania, Benedetto XVI è stato salutato dai vescovi dell’Ontario. Anche a questi vescovi canadesi Benedetto XVI ha ricordato le gravi responsabilità dei politici cattolici che hanno «escluso Dio dalla vita politica», «sacrificando l’unità della fede» a ragioni di schieramento partitico.
Il Papa, anche quando parla in occasioni particolari, si rivolge sempre alla Chiesa universale. I politici cattolici italiani dell’Unione non possono comportarsi come il libertino della barzelletta che, mentre il parroco minacciava l’inferno agli immorali, se la rideva spiegando che tanto lui era di un’altra parrocchia.
Benedetto XVI ha pubblicato una sola enciclica ma molti suoi discorsi sono densi come encicliche. È il caso dell’omelia nella messa domenicale di Monaco e del discorso ai vescovi dell’Ontario (due testi in evidente continuità fra loro), dove il Papa proclama che «il Regno di Dio» non può affermarsi dove «Dio è escluso dalla sfera pubblica». Tolleranza e libertà sono valori all’origine cristiani, ma «separati dalle loro radici morali si sono deformati in un modo molto preoccupante». «Nel nome della “tolleranza” si deve sopportare la follia della ridefinizione della parola coniuge», includendo il partner omosessuale, e «nel nome della “libertà di scelta” si assiste alla distruzione quotidiana dei bambini non nati», attraverso l’aborto e la sperimentazione sugli embrioni. La stessa libertà, curiosamente, è dimenticata quando si tratta delle scuole cattoliche.
Il pontefice ha cura di rispondere all’obiezione, così corrente tra i «cattolici adulti» alla Prodi, secondo cui i cattolici non potrebbero imporre i loro valori agli altri. Niente affatto, replica Benedetto XVI: con il matrimonio degli omosessuali, la distruzione degli embrioni e il centralismo che discrimina le scuole non statali si assiste alla «disintegrazione della ragione e dei principi della natura umana», che valgono per tutti, credenti e non credenti. Richiamando alla «verità sulla natura umana» la Chiesa non nega la democrazia ma la salva: infatti, «la democrazia ha successo solo quando è basata sulla verità e su una corretta comprensione della persona umana». Il Papa non chiede teocrazie all’iraniana: è giusto che le scelte parlamentari non siano dedotte direttamente dalla fede: ma neppure possono essere «autonome dalla morale». Diversamente, i politici promuovono la distruzione della nostra civiltà e dei suoi valori, sostituiti da «quel relativismo che, non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultimo criterio solo l’io con i suoi desideri». E la difesa della civiltà è compito, insiste il Papa, non solo della cultura cattolica ma della cultura in genere.
Su famiglia, scuola, vita (i tre valori che il Papa richiama sempre come criterio per giudicare i politici) i cattolici dell’Unione non hanno precisamente la coscienza a posto. Hanno sottoscritto un programma ambiguo, che comincia a dare i suoi frutti avvelenati.

Naturalmente, il discorso vale anche per la Casa delle libertà. Denunciare le deviazioni dei cattolici dell’Unione significa anche combattere consapevolmente quella battaglia di civiltà cui il Papa non richiama solo i credenti.

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