Riconosco di essere stato troppo severo nei confronti della Rai, forse perché mi sono limitato per lungo tempo a seguire la programmazione dei soliti canali, quelli tradizionali: il primo, il secondo e il terzo. In effetti, però, c'è molto altro offerto dall'ex monopolio, che mette a disposizione degli abbonati numerose opportunità: per esempio Rai Storia, meritoriamente dedita a raccontare, attraverso documenti filmati, il passato della nostra vituperata patria, e non solo di questa. Mi riferisco in particolare a ciò che va in onda a tarda sera, poiché durante il giorno, anche se ho l'età del dattero, lavoro alacremente nella redazione del Giornale sul quale mi state leggendo, spero numerosi. Ebbene, devo segnalare che trattasi di produzione interessante, assai curata e, tutto sommato, migliore di quanto ci si possa attendere dato che la materia non è quasi mai inedita.
Ciò che va per la maggiore è la storia (relativamente) contemporanea: le guerre mondiali in tutti i loro episodi (dai più tragici ai più toccanti), il fascismo, Benito Mussolini che conquista il potere e poi lo perde (fino all'epilogo con fucilazione), i partigiani che escono dalle tane all'ultima ora e si impadroniscono della scena, il nazismo declinante e feroce, Adolf Hitler che assume sembianze caricaturali se non macchiettistiche. Nulla di inedito. Comunque va sottolineato che certi avvenimenti, focalizzati con commenti acconci, sono emozionanti.
Insomma, la rivisitazione di quanto accadde nel secolo scorso continua, ancora oggi, a suscitare interesse nel pubblico. Chi non gradisce le trasmissioni propinate di norma dalle reti più popolari e gettonate, trova in Rai Storia un'alternativa non banale e degna di attenzione. L'unico appunto che si può muovere a coloro che realizzano le varie puntate è la tendenza alla ripetitività. Alcune immagini danno talvolta l'impressione del déjà vu , sembrano la rimasticatura di un pane stantio, indigesto a coloro che sono informati dei fatti. Inoltre, il taglio dei filmati, forse per reconditi motivi ideologici, è tale da indurre lo spettatore a pensare che le dittature degli anni Venti, Trenta e Quaranta fossero operettistiche e non dispotiche, sanguinarie; e che il Führer e il Duce, con atteggiamenti buffoneschi, somigliassero a commedianti mentre, in realtà, erano personaggi responsabili di un'immensa sciagura nella quale sono stati coinvolti, con esiti catastrofici, milioni di uomini.
D'altronde i reperti a disposizione degli autori dei programmi di questo tipo sono rimasugli d'archivio e si prestano a essere utilizzati allo scopo di dileggiare i protagonisti, pomposi e retorici, degli eventi bellici che distrussero l'Europa. Questo in ogni caso non diminuisce la forza evocativa di quanto compare sul video, che provoca nei telespettatori emozioni forti.
Serve aggiungere che i fili della narrazione sono ben tenuti da Paolo Mieli, al quale non manca capacità di sintesi storica. L'uomo è preparato e, nonostante la complessità dei temi che è chiamato a svolgere, riesce a inquadrarli con efficacia mediante un linguaggio comprensibile.
Certamente, il suo modo di porgersi è quello di un parroco, ma questo non inficia la validità di ciò che egli descrive con molto buonsenso e senza acrimonia. Gli speciali sulla storia non tramontano mai, neanche a notte fonda.
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