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Partì con 900mila lire E adesso batte anche i colossi stranieri

Partì con 900mila lire E adesso batte anche i colossi stranieri

nostro inviato a Cameri (Novara)

È nato in una delle famiglie più povere di Grassona, un paesello adagiato sui monti sopra il lago d’Orta, talmente modesta da non avere nessun altro mezzo di trasporto se non le proprie scarpe. Elio Anchisi, quando era un ragazzino, per andare a scuola doveva camminare mezz’ora attraverso il bosco, spesso al buio, e con qualunque tempo, pioggia, vento, neve, perché i suoi genitori erano sì poverissimi ma avevano una grande dignità e un forte senso del dovere; mai gli avrebbero permesso di saltare la scuola.
Oggi Elio Anchisi è uno dei pochi imprenditori italiani che non solo non ha sofferto la crisi, ma che negli ultimi due anni ha visto crescere la Elettra Energia, la società che ha cofondato alla fine degli anni 70, e che conta 500 dipendenti, di cui 220 nella sede di Cameri, alle porte di Novara, e gli altri 280 all’opera nei cantieri in giro per il mondo. I numeri parlano chiaro: nel 2008 aveva un fatturato di 57 milioni di euro, tredici in più rispetto al 2007 e il 2009 si annuncia brillante, con affari e occupazione in crescita. Di solito quando clicchi sul sito di un’azienda alla voce «lavora con noi» appare un formulario da compilare, che, una volta inviato, rimane senza risposta; su quello della Elettra Energia, invece, nel solo mese di settembre sono offerti 11 posti, tutti di alto profilo.
Una bella storia, degna della miglior America, ma Anchisi non è americano, è italianissimo ed ha avuto successo perché è rimasto fedele a se stesso, ai valori dei suoi genitori e da quelli che chiama «i maestri di vita»: il parroco di Grassona, Don Agostino, il docente di matematica, il suo primo capo. Anche nell’aspetto non ha nulla del top manager globalizzato: le dita sono grosse e rotonde di chi lavora con le mani, la sua eleganza molto lontana dai canoni della City milanese e parla lentamente usando un linguaggio semplice; ma il suo sguardo è vispo e colmo di bontà. Non è laureato, perché i suoi non potevano finanziargli gli studi all’università: è un semplice elettrotecnico, eppure guida uno stuolo di ingegneri e di tecnici iperqualificati.
Che cosa fa? Quel che i grandi gruppi dell’energia non possono più permettersi. «Fino agli anni 80 ogni grande società aveva il proprio ufficio tecnico per la progettazione, la costruzione e la messa in servizio degli impianti, che però con il passare degli anni e la concorrenza dei Paesi emergenti è risultato troppo oneroso ed è stato abolito preferendo ricorrere a società esterne», spiega, ricevendomi nel suo ufficio. «E noi siamo stati tra i primissimi a farci trovare pronti». Per caso, naturalmente; anzi, per disperazione. Negli anni 70, la società per cui lavorava, la Panelectric, un colosso da 3mila impiegati, andò in crisi e mandò a casa tutti. Anchisi cercò un altro posto, non lo trovò, e allora con Fernando Poletti e un terzo socio decisero, una sera seduti attorno al tavolo della cucina, di fondare una società di impianti elettrotecnici, investendo tutti i loro risparmi, pari a 900mila lire. All’inizio con risultati sconfortanti. «Il primo a darci fiducia fu il titolare di un negozio di elettrodomestici di Cameri che ci prese in simpatia e ci commissionò un lavoro proponendo, come ricompensa, cene gratis per un mese in trattoria. Accettammo subito. Anche il secondo cliente non aveva liquidità e ci pagò in natura, con dei tubi in pvc, che rivendemmo a dei muratori».
Poi il vento girò, arrivarono le prime vere commesse. Quei tre erano bravi, scrupolosi e affidabili, iniziarono a farsi una reputazione e dunque a ottenere altri incarichi: un impianto petrolifero in Algeria, poi la direzione dei lavori per la costruzione della linea elettrica tra il Messico e il Venezuela. Dagli anni 90, Elettra Energia non ha smesso di svilupparsi e ora lavora per grandi gruppi italiani come Eni, Enel, Snam, Ansaldo e con governi e multinazionali straniere in Algeria, Libia, Congo, Grecia, Iran, Kazakistan. «Progettiamo e realizziamo impianti per la produzione di energia termoelettrica, nucleare, da fonti rinnovabili, oltre che dal gas e dal petrolio», spiega illustrando con entusiasmo i dettagli tecnici, mostrando foto delle piattaforme in alto mare. È un italiano che combatte e vince in un settore dominato da tedeschi e inglesi. Molti dei contratti sono pluriennali e questo spiega, in parte, perché la crisi non ha avuto ripercussioni gravi, ma bisogna ottenere sempre nuovi appalti in un mercato dove la concorrenza è feroce; basta poco per venir puniti. «Abbiamo reagito alla recessione investendo ancor di più sulla ricerca e sull’eccellenza - racconta, senza superbia -. Ma soprattutto continuiamo a puntare sugli uomini, trasmettendo a tutti i nostri collaboratori la dedizione che ci animava all’inizio, quando eravamo poveri e avevamo fame, per essere sempre al servizio del cliente».
Molte cose sono cambiate nel frattempo, il terzo socio ha scelto altre strade, Fernando Poletti è mancato cinque anni fa e ora l’azionista di riferimento è diventato suo figlio Marco, che sta finendo l’università, e cui lo stesso Anchisi ha ceduto le proprie quote, mantenendo per sé solo la direzione tecnica.

Con una missione: insegnargli ad aprirsi al mondo senza recidere le proprie radici.

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