RomaNon nasce contro qualcuno né per il desiderio di creare un altro gigantesco corpo intermedio. Le principali associazioni degli artigiani e dei commercianti hanno deciso di dare vita a un unico soggetto di rappresentanza per semplificare. E anche perché sono convinte sia giusto dare più peso agli «invisibili». Partite Iva, piccole aziende, commercianti e artigiani che creano un pezzo rilevante della ricchezza del Paese (poco meno del 60 per cento del valore aggiunto), ma stentano a essere riconosciuti, schiacciati dal peso e dalla visibilità delle altre grandi organizzazioni sociali: i sindacati confederali, Cgil, Cisl e Uil e, soprattutto, Confindustria.
Rete Imprese italia nasce per farli contare di più nella vita pubblica, perché «il futuro del Paese è inscindibilmente legato alle piccole e medie aziende e allimpresa diffusa», ha rivendicato il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli, primo portavoce unico di Rete Imprese Italia. La carica sarà ricoperta con turni di sei mesi da tutti i presidenti delle altre associazioni fondatrici: Giorgio Guerrini (Confartigianato Imprese), Ivan Malvasi (Cna), Marco Venturi (Confesercenti)e Giacomo Basso (Casartigiani).
Il nome dell'organizzazione interconfederale è stato ufficializzato ieri in unaffollatissima assemblea che si è tenuta allAuditorium di Roma. Il seguito ideale del «Patto del Capranica», manifestazione che le associazioni delle Pmi organizzarono il 30 ottobre del 2006 in un ex cinema della capitale per protestare contro le politiche fiscali di Vincenzo Visco. Ieri i piccoli hanno significativamente messo in cima alla lista degli obiettivi da raggiungere quello della lotta all'evasione fiscale.
La lotta contro «uneccessiva pressione» rimane una priorità sia per le famiglie, con la riduzione delle aliquote Irpef, sia per le imprese, con il taglio dellIrap che deve andare di pari passo con il recupero dellevasione. Ma nessuno tra i presidenti delle associazioni ha spinto troppo sullacceleratore delle rivendicazioni fiscali. «Sappiamo della necessità - ha chiarito Sangalli - di una sana gestione rigorosa dei conti pubblici e in particolare della necessità di ridurre quel debito pubblico che, come ha detto il ministro Giulio Tremonti, divora il futuro». Un fisco meno opprimente rimane in primo piano, insieme alle riforme: il federalismo fiscale che è «ineludibile», poi la flessibilità regolata del lavoro.
Nellimmediato futuro cè da affrontare la crisi. «La grande depressione», secondo artigiani e commercianti, «è stata scongiurata». Ma non cè tempo da perdere perché la crisi «non è conclusa, resta elevato lo stato di sofferenza delleconomia reale e il motore dellItalia produttiva gira ancora troppo piano», è stato lavvertimento di Sangalli. In ogni caso - ha sottolineato Guerrini di Confartigianato - «noi non vogliamo rassegnarci a una crescita bassa che condanni il nostro territorio». Per il momento lobiettivo dei promotori è quello di chiarire i compiti e lidentità del patto interconfederale. E fare in modo che Rete Imprese Italia diventi laltro grande protagonista delle associazioni datoriali ai tavoli che contano, accanto a Confindustria. I numeri ci sono. Le imprese rappresentate «producono circa il 60 per cento del valore aggiunto italiano e impiegano il 58,5 per cento di tutti gli occupati del Paese». In cifre: «4,2 milioni le unità produttive rappresentate e 14,5 milioni di addetti, di cui 9 milioni di lavoratori dipendenti».
Le divisioni politiche che avevano portato le associazioni di commercianti e artigiani a dividersi sono definitivamente archiviate. Rimane invece la voglia di contare di più ai tavoli della politica: Rete Italia «vuole essere influente e incidere sulla formazione delle scelte decisive per il futuro del Paese».
La nascita del patto interconfederale è stato valutato positivamente sia dalla politica, sia dalle altre associazioni.
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