RomaOrmai è chiaro: Gianfranco Fini non tenterà lavventura fuori dal Popolo della libertà. Le valutazioni del presidente della Camera saranno state sicuramente di natura politica, ma anche la statistica potrebbe avere avuto un qualche ruolo. Sondaggi alla mano, Fini potrebbe essersi convinto di quanto sia meglio una corrente dentro il Pdl rispetto a unavventura che ha alte probabilità di trasformarsi in un naufragio extraparlamentare. Oggi, infatti, un ipotetico partito di Fini fuori dal Pdl otterrebbe una percentuale a metà strada tra quella dallUdc (che alle scorse politiche si avvicinò al 6%) e quella della sinistra radicale, che si arenò su un 3,1% che ne decretò lestinzione, almeno dal Parlamento.
I sondaggisti, interpellati dal quotidiano online Affari Italiani, concordano più o meno tutti. E danno il partito finiano a forte rischio di rappresentanza parlamentare, tra il 2,5 e il 5% dei consensi. In mezzo alla forchetta, cè un 3,7% che è sotto la soglia del 4 necessaria per entrare alla Camera dei deputati, ed è meno della metà della quota minima per arrivare al Senato, l8 per cento. Nicola Piepoli è sicuro che il nuovo partito «non andrebbe oltre il 4%, rubando voti un po di qua e un po di là. Ma non solo al Popolo della libertà». Renato Mannheimer, presidente dellIspo, colloca il partito mai nato tra il 5 e il 6 per cento, sempre con i voti provenienti da entrambi gli schieramenti. «Una metà dal Pdl e il resto verrebbe pescato tra gli ex astenuti, gli indecisi e anche a sinistra», ha spiegato il sondaggista. Maurizio Pessato, amministratore delegato dellSwg, parla «di un 5% circa». Alessandro Amadori, direttore di Coesis Research, spiega che la condanna di Fini è «un alto livello di fiducia come leader, ma poco consenso elettorale. Un po come il motto piazze piene, urne vuote. Lopposto di Berlusconi».
È in sostanza la maledizione dellElefantino, lista elettorale voluta dallo stesso Fini negli anni Novanta e nata dallalleanza tra An il movimento per le riforme di Mario Segni, con lobiettivo di costituire un partito sul modello dei repubblicani statunitensi. Due personaggi tra i più popolari del Paese in quel momento, per una lista che fece flop e ottenne meno voti della sola Alleanza nazionale.
Analisi non condivise da Generazione Italia, che ieri ha dato una sua interpretazione dei dati di Mannheimer.
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