da Roma
Capita anche alla «famiglia allargata» del Partito democratico di saltare qualche mese di affitto. È il caso della sede romana dellUlivo, al terzo piano di piazza Santi Apostoli numero 73. Mercoledì prossimo in quella splendida cornice il premier Romano Prodi presenterà il Comitato costituente del Pd. Ma forse il Professore non sa che da circa un anno il canone di locazione dellimmobile non è stato pagato.
Limbarazzo di Ds e Margherita è ben celato. Ufficialmente nessuno sa nulla. Anche perché individuare responsabilità ben precise in una fase di transizione non è sempre facile. A quanto si apprende da fonti bene informate, Quercia e Dl dallo scorso giugno avrebbero dovuto incaricarsi dellaffitto dellunità immobiliare, già sede della fondazione «Governareper» di Angelo Rovati, lex consulente prodiano. Ma è proprio da giugno, a campagna elettorale terminata, che nessuno ha messo mano al portafoglio. Le indiscrezioni parlano di una lettera di sfratto già ricevuta, ma manca il crisma dellufficialità. Comunque, i tesorieri dei due partiti, Ugo Sposetti (Ds) e Luigi Lusi (Dl), cercheranno di raggiungere un compromesso, di rimediare allincidente e di dare qualche garanzia alla decina di impiegati che attualmente lavora in quei 350 metri quadrati nel cuore di Roma.
Lincidente di percorso è di per sé banale ma fornisce un quadro chiaro della tensione (anche finanziaria) tra i due azionisti di maggioranza del Pd a 150 giorni dalla fusione fredda. Il caso Santi Apostoli si può anche interpretare come una scaramuccia anti-Rovati che durante la campagna elettorale accusò Fassino e Rutelli di non allargare abbastanza i cordoni della borsa. Ben diversa, però, è la questione immobiliare. Da circa sei mesi il tesoriere della Quercia, Ugo Sposetti, ripete a ogni piè sospinto di essere daccordo a «dividere solo i debiti» e che su alcune sezioni, di proprietà delle articolazioni territoriali, si deciderà a livello locale. Altro che comunione dei beni, luomo che ha salvato i Ds dalla bancarotta vendendo Botteghe Oscure non è in vena di regali a nessuno.
Certo, per camminare insieme Ds e Dl dovranno accordarsi in qualche modo. Anche se le strutture finanziarie sono diversissime. La Quercia a fine 2005 registrava un indebitamento bancario di circa 169 milioni di euro a fronte di 7mila sezioni, un patrimonio immobiliare finora sottostimato. Situazione diversa per la Margherita: solo 11 milioni di debiti e oltre 15mila circoli, anche se pochi sono di proprietà. Diversa la gestione: in casa Fassino Ugo Sposetti è dominus, mentre a casa Rutelli il tesoriere Luigi Lusi è stato recentemente affiancato (sarebbe meglio dire commissariato) da un comitato di tesoreria presieduto da Giampiero Bocci. Mettere daccordo tre teste più il solito rappresentante prodiano non sarà facile.
E come se i grattacapi non fossero abbastanza il ministro della Famiglia, Rosy Bindi, ha aperto un altro fronte finora in quiescenza: quello del giornale di partito. «Se si fa una cosa nuova, non ci si può portare dietro quanto già esiste», ha dichiarato. Insomma, un nome nuovo che sotto la testata «portasse scritto: già Europa, già Unità, già Il Popolo». Per la direzione il ministro ha accordato la propria preferenza al diessino Antonio Padellaro piuttosto che al dl Stefano Menichini.
Immediata la replica del comitato di redazione dellUnità, già alle prese con una perdurante crisi di vendite. «Non parliamo di chiusure e fusioni come fosse un nuovo risiko editoriale». Anche il cdr di Europa ha messo in evidenza la necessità di «aprire una discussione seria e non improvvisata». Ma anche in questo caso, prima o poi bisognerà decidere perché fondendosi i due partiti anche il finanziamento pubblico diminuirà. Poi starà ai capataz del Pd scegliere quale dei due organi trasformare in foglio dopinione e quale conservare. E soprattutto come.
Insomma, il Pd ancora non cè ma la confusione è già tanta.
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