«Il cervello è come un gatto addormentato. Il sistema può scatenarsi nel giro di pochi minuti. La maggior parte di noi continua a innamorarsi, anche tre o quattro volte nella vita». Sono le parole di Helen Fisher, antropologa e studiosa del comportamento presso l'Indiana University, negli Stati Uniti. Significa che periodicamente siamo destinati a provare sentimenti come la passione, l'infatuazione, la rabbia e la delusione per una storia finita; indipendentemente dalle nostre volontà. Ma c'è un nuovo studio che chiarisce i meccanismi del cuore, suggerendo che ognuno di noi, con opportuni esercizi, può modificare i sentimenti in modo da fare durare di più l'amore o, nel caso di un rapporto difficile, di farlo finire il più in fretta possibile.
È l'esperienza maturata dai ricercatori Sandra Langeslag della University of Missouri-St. Louis, in Usa, e Jan van Strien della Rotterdam University, in Olanda. Hanno coinvolto quaranta persone in un test; metà nel pieno di una storia d'amore, l'altra al termine di una relazione. Sono state sottoposti alla visione di trenta foto dei rispettivi partner o ex. E quel che è emerso induce gli scienziati a credere che sia realmente possibile «regolare l'amore». Come? Con la tecnica della rivalutazione. Vuol dire imparare a ragionare solo sugli aspetti positivi di un rapporto. Può sembrare banale ma le analisi delle onde cerebrali mettono in luce un netto miglioramento dell'umore in seguito alla «up-regolation», appunto, il pensiero positivo, in contrasto con la «down-regolation». «Non è un'illusione», dice Langeslag, «il sentimento d'amore può crescere o diminuire in base alla capacità di concentrazione e al riferimento a piacevoli sensazioni amorose». E le prospettive sono quelle di curare ogni tipo di emozione: «Siamo potenzialmente in grado di influenzare qualunque sentimento», racconta Holly Parker, docente di psicologia della Harvard University. Sono considerazioni importanti se si pensa che la mente di un innamorato frustrato è simile a quello di una persona sofferente di crisi ossessive compulsive; in entrambi i casi, infatti, il cervello presenta scarse quantità di proteine necessarie al trasporto della serotonina, ormone fondamentale per il benessere della mente. Non a caso c'è chi sostiene che le pene del cuore possano essere contrastate con farmaci che normalmente vengono assunti da chi soffre di sintomi nevrotici. O medicamenti più blandi, ma comunque con qualche effetto collaterale. Come quello recentemente ottenuto da esperti dell'Università di Graz, in Austria, da un albero che cresce in Costa d'Avorio, indicato per chi soffre di stress romantico. La pillola d'amore punta sull'azione dei principi attivi contenuti nella Griffonia simplicifolia, perlopiù vitamine, E, B, e B6. C'è anche molto triptofano, amminoacido (molecola base delle proteine), un precursore della serotonina, e dunque perfettamente calibrato per alleviare i dispiaceri.
A questa stregua, però, i farmaci potrebbero essere evitati. Basterebbe, infatti, il pensiero. Un pensiero di un certo tipo, nel quale crede anche James Gross, professore della Stanford University: «Con i dovuti esercizi chiunque può essere in grado di cambiare radicalmente il modo di vedere le cose; modificando la risposta emotiva nelle relazioni sociali». Strada percorsa anche da Sigmund Freud, padre della psicanalisi, il quale sosteneva che la mente può controllare molte emozioni, non solo legate all'ansia e alla paura. È su questi aspetti, peraltro, che si concentra la terapia cognitivo-comportamentale, tarata per vincere le nevrosi, ma non in modo esplicito i contraccolpi suscitati da un amore non corrisposto; o non equilibrato. O peggio, alla base di comportamenti aggressivi come lo stalking. Langeslag, infine, rimanda alle relazioni che funzionano, ma che con l'up-regulation potrebbero andare meglio; durando in ogni caso più di quanto non accadrebbe elucubrando negativamente. Perché le spine possono insorgere anche infatuandosi di qualcuno, ricambiati; accusando sensazioni ansiogene, angoscianti, di stress. Quel che succede anche nelle storie altalenanti, dove l'affettuosità rischia talvolta di essere sostituita dalla cosiddetta «affezione ansiogena» che potrebbe infine portare alla «affezione repulsiva», anticamera della separazione.
Oggi le indicazioni di Langeslag confermano l'importanza di un approccio più approfondito alle storie romantiche. Che rispetto ai decenni passati sembrano molto più fragili. L'Università di Pavia ha condotto uno studio dicendo che l'amore in una coppia si esaurisce, in media, dopo un anno. I livelli della proteina NGF, Nerve Growth Factor, responsabile della tipica eccitazione che subentra durante le prime fasi dell'innamoramento, calano dodici mesi dopo il primo appuntamento.
Ma non tutto è perduto. L'innamoramento se ne va, ma può subentrare un sentimento d'affetto meno eccitante, ma più stabile, che con i suggerimenti forniti dalla Langeslag potrebbe (forse) trasformarsi nel sogno di tutti: l'amore eterno.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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