Il pasticcio estivo del Botteghino tra banche e coop
18 Agosto 2005 - 00:00Francesco Damato
Antonio Di Pietro, considerato anche per la sua esperienza di magistrato un esperto del ramo, ha definito il risiko bancario e finanziario emerso dalle intercettazioni telefoniche di Antonio Fazio, Gianpiero Fiorani, Stefano Ricucci, Emilio Gnutti, Giovanni Consorte eccetera eccetera «un gigantesco verminaio peggiore di Tangentopoli». Che a questo punto potrebbe apparire una storia di più o meno banali «marachelle».
Achille Occhetto, un altro che si può considerare esperto del ramo per essersi scusato come ultimo segretario del Pci e primo del Pds per il coinvolgimento di alcuni suoi compagni nelle indagini e nei processi di «Mani pulite», si è significativamente augurato che «questa volta non ci siano tangenti». Delle quali forse ha sentito la puzza in certe scalate finanziarie e bancarie, alcune delle quali imprudentemente sostenute, secondo lui, dai suoi successori alla guida del maggiore partito della sinistra. Egli ha accomunato nelle critiche Piero Fassino e Massimo DAlema: il primo per il sostegno alla scalata dell'Unipol di Giovanni Consorte alla Banca Nazionale del Lavoro, bollata peraltro da Mario Pirani sulla insospettabile Repubblica come «smodata aspirazione» e «inutile avventura», e il secondo per avere incoraggiato da presidente del Consiglio nella scorsa legislatura «la cordata Colaninno» nella conquista di Telecom.
Puzza di tangenti è stata avvertita e denunciata anche da Francesco Rutelli, il presidente della Margherita. Il quale, intervistato dal Corriere della Sera, ha parlato di confessioni «a mezza bocca» ricevute da «imprenditori». Anche a lei giungono voci su tangenti e illegalità varie? è stato chiesto il giorno dopo a Luciano Violante. Il quale ha risposto: «Sempre più spesso». Ma chissà perché egli ha disinvoltamente dato la colpa al «cattivo esempio del presidente del Consiglio e della sua maggioranza», pur sapendo benissimo che la polemica sulla «questione morale» è scoppiata e va sviluppandosi tutta allinterno dell'opposizione, come dimostrano gli anatemi lanciati da Fassino contro gli alleati che, criticando il suo partito per i rapporti con il mondo della finanza, «segano il ramo su cui sono seduti». Di che cosa va mai parlando, quindi, il capogruppo diessino della Camera? Provi piuttosto a farsi spiegare dai suoi compagni che governano gran parte delle regioni quello che ha denunciato con impietosa franchezza Rutelli parlando di «moltiplicazione degli enti, delle finanziarie e delle agenzie promozionali di questo o di quello».
Il tentativo di Violante di attribuire generiche responsabilità al presidente del Consiglio e alla maggioranza in questo grande pasticcio estivo delle scalate e relative intercettazioni telefoniche è alquanto patetico se si considerano i guai del segretario del suo partito. Che pensava di poter compromettere Berlusconi nei progetti di Ricucci sul Corriere della Sera ed è finito invece infognato nella difesa della scalata dell'Unipol alla Banca Nazionale del Lavoro per via dei vecchi, consolidati rapporti di empatia della sinistra con il mondo delle cooperative.
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