Il patto archistar-università? "Di facciata e poco trasparente"

Appello di 150 professionisti sul progetto Radical Flows: "Si spieghi con quali criteri è stato affidato l'incarico"

Il patto archistar-università? "Di facciata e poco trasparente"
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«Opaco e irrituale»: neppure il tempo di prendere il via, e sul progetto Radical Flows piovono critiche e raccolte di firme. Il progetto è stato presentato ieri pomeriggio in via Solferino, presso la sede dell'Ordine degli architetti, e consiste - stando alle parole dei promotori - in un movimento «che lavora sullo spazio pubblico di Milano incrementando percorsi in sicurezza e mobilità dolce, verde, aree di comunità e di connessione». Sono parole d'ordine, come si vede, che richiamano in buona parte la linea portata avanti dalla giunta di Beppe Sala, accusata da sempre dall'opposizione di nutrirsi di buoni propositi distanti dalla cruda realtà del degrado urbano. Al progetto Radical Flows è arrivato il patrocinio del Comune e il sostegno entusiasta dei rettori di dieci università milanesi. «Un patto tra archistar e atenei», è stato definito il progetto: «Ridisegnare la città» attraverso il «motore silenzioso del sapere cittadino».

Nobile progetto su cui piovono in presa diretta le obiezioni di centocinquanta architetti e professionisti vari che ieri firmano una lettera destinata al Comune e ai rettori, chiedendo con quale criterio si sia arrivati a individuare un soggetto privato, Radical Flows, come interlocutore privilegiato di Palazzo Marino e delle università su un tema di interesse pubblico quale la rigenerazione urbana. «Si ignora con che metodo sia stato individuato e scelto tale soggetto privato dal Comune di Milano e dagli atenei: tra tutte le energie cittadine, tra tutti i soggetti milanesi e italiani, quand'anche non europei. Si ignora quali siano le garanzie di trasparenza del mandato, la pubblicità degli obiettivi e le ricadute delle scelte e delle attività», si legge nel documento, in cui «si chiede dunque al Comune di Milano e agli atenei cittadini, se coinvolti nell'iniziativa, di chiarire quale sia il senso e l'utilità del loro coinvolgimento, i risultati attesi, specificando quale sia stato il percorso decisionale che ha portato, nei fatti, a questa strana forma di affidamento, di delega, di incarico», senza passare per un «concorso pubblico, per garantire effettive trasparenza e partecipazione».

A promuovere il movimento Radical Flows nomi pesanti dell'architettura: da Mario Cucinella, che pochi giorni fa ha invocato «una stagione della casa pubblica», a Carlo Ratti, docente al Politecnico e al Mit di Boston, nonché curatore della Biennale di Venezia. E anche Alfonso Femia, Andrea Boschetti, Edoardo Croci. A sollevare le perplessità degli autori della lettera non è il profilo dei professionisti coinvolti quanto il canale diretto instaurato col Comune e con le università: in particolare con lo Iulm, il più solerte in questi giorni a rilanciare Radical Flows. Anche tra i dissenzienti c'è però gente di peso, da Luca Beltrami Gadola a Marco Vitale.

Radical Flows si concentrerà su sette aree, accomunate dalla vocazione universitaria: Navigli/Villaggio Olimpico (Iulm, Domus Academy), Guastalla-Porta Vittoria (Statale, futura Beic),

Sant'Ambrogio-Solari, Bovisa-Farini, Greco-Pirelli, Città studi, Expo-Mind. Timore degli avversi: che «l'intera proposta possa esaurirsi in risultati legittimanti sull'esclusivo piano della comunicazione». Ovvero, chiacchiere e basta.

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