La paura di volare è nel sangue ma in dieci anni morti dimezzati

Ecco i numeri più «sensibili» dei mezzi di trasporto. I morti per incidente aereo nel mondo, l’anno scorso, sono stati 502; i morti per incidente ferroviario nel 2006 (ultimo dato disponibile) sono stati 1.285; i morti su strada, nel 2008, sono stati 1,3 milioni. Se è impossibile calcolare quanta gente circoli ogni giorno sulle strade del pianeta, biciclette e pedoni compresi, le statistiche ci dicono che con gli aerei di linea viaggiano 2,2 miliardi di persone all’anno, e che riferito al treno questo numero cresce a circa 3,9 miliardi. Sui binari, cioè, viaggia una popolazione meno che doppia rispetto all’aereo, ma la mortalità è più che doppia. Anche senza addentrarci su elementi più tecnici (il confronto, per esempio, del numero di passeggeri per chilometro oppure quello tra il numero dei voli e il numero dei collegamenti ferroviari) questi dati indicano a colpo d’occhio che l’aereo è il mezzo di trasporto che provoca il numero più basso di decessi, tanto da indurre Giovanni Bisignani, direttore generale della Iata (l’associazione mondiale delle compagnie) ad affermare con certezza: «L’aereo è il mezzo più sicuro per viaggiare».
Al contrario, la strada è il luogo più pericoloso. Recentissimo l’allarme lanciato dalla Commissione per la sicurezza stradale globale: le vittime di incidenti stradali rischiano di aumentare, nel prossimo decennio, del 46%, passando da 1,3 a 1,9 milioni nel 2020. È chiaro che le medie sono appesantite dai dati provenienti dai Paesi meno evoluti, e questo vale per tutti i mezzi di trasporto: il tasso di incidenti aerei negli Stati Uniti e in Europa è la metà di quello che si registra in Africa, Sud America e in parte dell’Asia. Sulle strade europee lo scorso anno i morti sono stati «solo» 39mila (su 1,3 milioni), su quelle italiane poco più di 5mila; di questi ultimi, 800 sono bambini. Nel mondo i bambini uccisi in incidenti sono 260mila.
Quanto alle ferrovie, anche qui la mortalità che si registra nei Paesi del Terzo mondo ha un’incidenza elevatissima. L’India (la cui azienda ferroviaria ha il primato di dimensioni, con 1,5 milioni di dipendenti) vanta dei macabri record: più di 800 morti nel 1981 in un treno precipitato nel fiume Kosi, 350 nello scontro fra due treni vicino ad Agra nel 1995, 500 morti in una collisione frontale a Bihar, nel 1999. In Italia nel 2008 morti da incidente ferroviario non ce ne sono stati (fonte Fs); per Eurostat, che registra tutti i morti accertati nel sedime ferroviario (compresi suicidi, incidenti automobilistici, cadute accidentali, infortuni sul lavoro), i morti da «incidenti ferroviari» nella Penisola sono stati 83 nel 2006 (ultimo dato), tra i più alti in Europa.
Alcuni numeri sono consolatori. Nei primi 4 mesi del 2009 - dato dunque recentissimo, fornito dal ministero degli Interni - i morti sulle strade sono stati il 24% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; diminuiti anche gli incidenti (del 10%). La sicurezza sulle strade nazionali dunque aumenta, al contrario degli allarmi a livello mondiale. Nel 1991 i morti sulle strade italiane erano 8.109, e il calo è stato pressoché costante: il più importante si è avuto tra il 1992 e il 1993, da 8.053 a 7.187 (le statistiche, nella loro aridità, sembrano ignorare che dietro ogni numero c’è una persona; e che a ogni morto «risparmiato» potremmo corrispondere noi stessi). Sono aumentati significativamente, peraltro, gli incidenti: dai 170mila del 1991 ai 230mila del 2007.


Analogo il trend di sicurezza nei cieli: nel 1996 i morti in sciagure aeree furono 1.740, scesi già l’anno successivo a 1.191; nel 2004 i morti sono stati 428, risaliti a 855 nel 2006, a 692 nel 2007 e, appunto, a 502 nel 2008.

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